Le malattie della beccaccia: gli ultimi studi

malattie della beccaccia
© Giovanni Mastroianni

Quali sono le malattie della beccaccia? Perché e quando si ammala? O è immune a ogni tipo di influenza, infezione o altra grave patologia?

Gli uccelli selvatici e migratori sono serbatoi di agenti patogeni e responsabili dell’insorgenza di pericolose epidemie, trasmettibili sia ad altri uccelli di allevamento, sia agli esseri umani.

Prima di tutto però, verifichiamo tre grandi questioni che in maniera spesso strumentale hanno messo di mezzo la beccaccia: influenza aviaria, radiazioni post Chernobyl e virus West Nile.

L’influenza aviaria

L’influenza aviaria (conosciuta dal 1997) è una questione ancora aperta. Una recente analisi delle sue sequenze virali che ha considerato anche i dati epidemiologici sulla migrazione di uccelli acquatici e sul commercio di pollame ha dimostrato che il virus si è diffuso lungo due vie principali di migrazione a lunga distanza. La prima è quella che dalla penisola coreana porta verso nord alla costa artica del continente euroasiatico e poi da lì verso l’Europa. La seconda via parte dal nord della penisola coreana, si dirige verso est attraverso lo stretto di Bering e verso sud lungo la costa nord-occidentale del Nord America.

I risultati delle indagini epidemiologiche sulle aziende agricole di polli infette in nord America e in Europa mostrano che la probabilità di introduzione del virus attraverso l’acqua contaminata, il mangime e il commercio di pollame è trascurabile. Inoltre, non si possono attribuire collegamenti tra le epidemie di diversi paesi ai contatti con il personale o al commercio di animali vivi, di mangimi o di prodotti di origine animale.

Al contrario, molte aziende agricole di polli sono state colpite in aree dove abbondano gli uccelli selvatici acquatici (germani, alzavole e fischioni). Il contatto diretto con uccelli selvatici infetti o il contatto indiretto con materiali (esempio, lettiere, stivali e ruote di veicoli) contaminati dalle feci degli uccelli selvatici sono stati considerati il percorso più probabile d’introduzione della malattia (Global Consortium for H5N8 and Related Influenza Viruses, 2016).

La beccaccia non è un veicolo della peste aviaria

Ma la beccaccia non è un veicolo della peste aviaria. Non frequenta allevamenti intensivi, non si ibrida con altre specie domestiche, non vive a stormo. La rusticità della beccaccia e i suoi comportamenti individualistici la isolano da potenziali epidemie.

Allora tranquillizziamoci un po’ tutti, perché la questione beccaccia e influenza aviaria non è mai stata dimostrata. Approfittiamo di questi tempi per dire che, se una beccaccia fosse affetta da questo tipo di patologia, probabilmente il Sapiens sarebbe scomparso da qualche migliaia di anni. Confidiamo allora nello status biologico ed etologico della regina per pensarla immune da questo sistema di diffusione di virus.

La beccaccia sembra essere immune anche dal nuovo virus West Nile che vede protagoniste le zanzare che si infettano dopo avere punto un uccello selvatico e migratore portatore di questa patologia. In Italia i primi episodi di questo virus sono segnalati nel Lodigiano.

L’effetto delle radiazioni di Chernobyl

Per quanto concerne l’effetto delle radiazioni di Chernobyl (a seguito dell’esplosione della omonima centrale nucleare nella primavera del 1986, con un impatto 400 volte più violento della bomba atomica di Hiroshima del 1945), alcuni studi sulla latenza di radionuclidi non ha dato rilevanze allarmanti. In particolare è stata analizzata l’eventuale presenza di cesio sulla carne delle beccacce. Tale isotopo radioattivo è ricaduto sulla foresta e ha avuto un impatto sui lombrichi, alimento principale della beccaccia, come potenziali bio accumulatori di quella sostanza derivata dalla fusione nucleare. L’area del reattore è sotto osservazione da un pool internazionale di scienziati che monitora la salute delle specie che stanno curiosamente ripopolando la zona proibita.

Una nuova vita selvatica sembra si stia adattando a un habitat ancora colpito da radiazioni, senza disturbo antropico, che però pare modificare alcune caratteristiche biologiche delle specie. Per quanto riguarda gli uccelli si nota una diminuzione della grandezza del cervello, con vite più brevi e tassi di riproduzione più bassi. Nel 2011, in Giappone, con il disastro nucleare di Fukushima c’è stata una diminuzione del 50% del tasso di riproduzione degli uccelli.

Malattie della beccaccia: parassiti e tumori

La beccaccia però non è immune da altre patologie comuni che possono stressarla notevolmente fino a una grave perdita di peso e di performance. Muoiono anche per malattie e parassiti come tenie, nematodi, trematodi e pidocchi.

Negli Stati Uniti fu studiato un particolare agente patogeno denominato reovirus che colpì numerose beccacce americane (Scolopax minor). Nello studio effettuato da Docherty D. E. et al.American Woodcock Mortality Associated with a Reovirus Avian Diseases, 1994 – si analizzò un evento epidemico con altissima mortalità di beccacce americane, verificatosi dal 1989 al 1994 quasi esclusivamente in zone di transito migratorio in New Jersey e Virginia.

Il virus (reovirus) fu esclusivo della beccaccia e non di altri uccelli. Gravi i danni organici a vari livelli tali da determinare un complessivo danno corporeo (dimagramento grave) associato anche a inappetenza e legato all’infezione trasmessa per via fecale orale. Quindi beccacce morte per denutrizione.

tumore beccaccia
© J-F Foulquié

Il caso di mieloblastosi cutanea

In ultimo, la regina può contrarre anche forme tumorali. Emblematico è il caso analizzato dal dottor Jean-François Foulquié, veterinario francese, di una beccaccia rinvenuta da un cacciatore a Nantes qualche anno fa. Attraverso un esame istologico è stata conclamata una forma tumorale denominata mieloblastosi cutanea. La povera beccaccia non era stata colpita ai pallini, ma riportata ancora viva dal cane poiché fortemente debilitata. Questo tumore è conosciuto nei polli e per la prima volta è stata verificata la sua insorgenza nella beccaccia.

Nella speranza che siano episodi isolati, la biologa Helena Westerdahl dell’università di Lund ha studiato a fondo i geni che negli uccelli codificano le proteine del complesso Mhc, componenti fondamentali del sistema immunitario in tutte le specie animali. Aiutano, infatti, a rilevare la presenza di batteri o virus e li segnalano alle cellule immunitarie. Gli uccelli hanno in media 20-21 varianti di questi geni, mentre noi esseri umani soltanto 5-6.

Le proteine del complesso Mhc sono estremamente variabili, anche tra individui della stessa specie. Negli esseri umani, ad esempio, è noto che il numero di varianti Mhc diminuisce gradualmente spostandosi dai tropici verso nord. Nelle regioni tropicali, caratterizzate da un’elevata diversità di virus o batteri, gli individui con il maggior numero di varianti Mhc sono avvantaggiati: il loro organismo è in grado di resistere a una più ampia varietà di patogeni.

Lo stesso discorso vale probabilmente anche per gli uccelli. In particolare per quelli migratori, che nell’arco della loro vita entrerebbero in contatto con molti patogeni alle diverse latitudini. Secondo Westerdahl, sarebbero loro quelli con la più elevata diversità dell’Mhc.

Scenari futuri

Lo studio è ancora incompleto, ma potrebbe portare a scoperte interessanti sul sistema immunitario degli animali selvatici. Scoperte che potrebbero aiutarci a combattere le loro malattie, ma anche le nostre, contribuendo a chiarire il rapporto tra diversità dell’Mhc e suscettibilità ai patogeni.

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