Gestire le popolazioni di lepre

Gestire le popolazioni di lepre

Il controllo della predazione e un oculato intervento di miglioramento ambientale sono la chiave di una buona gestione faunistica e venatoria delle popolazioni di lepre.

È un dato di fatto: a partire dagli anni Sessanta del XX secolo, le popolazioni di lepre hanno subito un evidente e pesante declino in tutta Europa. E sebbene tra i ricercatori non vi sia ancora pieno accordo circa i fattori che hanno potuto provocare questo fenomeno, due sono in sostanza le cause che vengono ritenute responsabili: l’intensificazione delle pratiche agricole e l’aumento della predazione.

Effettivamente non si può fare a meno di constatare come la progressiva riduzione della lepre sia andata di pari passo con la meccanizzazione e l’impiego dei prodotti chimici. Si tratta di due fattori che hanno indotto profondi cambiamenti negli ambienti agricoli. Alla prova dei fatti, essi hanno provocato una drastica riduzione di quella diversità ambientale che è ritenuta essenziale per le lepri, perché fornisce loro alimenti e rifugi adeguati tutto l’anno.

Una forte influenza dei predatori

Molte prove suggeriscono anche una forte influenza dei predatori, in particolare della volpe. All’opposto delle popolazioni di lepre, le popolazioni di questo predatore sono aumentate in tutta Europa. Tra le cause di questo incremento, vengono indicate le intense campagne di vaccinazione condotte in tutto il vecchio continente, Italia compresa, contro la rabbia. L’aver debellato questa micidiale malattia ha infatti provocato una netta diminuzione della mortalità delle volpi.

Un dato assolutamente trascurato da coloro che ritengono che il degrado dell’habitat sia la principale, se non addirittura l’unica, causa del declino della lepre e la predazione sia semplicemente un fattore secondario e ininfluente. Di conseguenza, al fine di migliorare la condizione delle varie popolazioni di lepri, viene raccomandato di realizzare ingenti miglioramenti ambientali, trascurando l’importanza del controllo della predazione, ritenendolo del tutto inutile se non controproducente.

Esperimenti originali

Per fare chiarezza sui complessi rapporti che intercorrono tra lepri, ambiente agricolo e volpi sono stati condotti degli esperimenti scientifici davvero originali. Si sono confrontate popolazioni di lepri viventi in aree agricole sottoposte alla rimozione di alcuni predatori, soprattutto volpi, e popolazioni di lepri presenti in aree del tutto simili, ma totalmente esenti da interventi di controllo della predazione. Dopodiché, trascorso un certo periodo, si sono invertite le carte.

Così, all’interno delle aree fino ad allora controllate è stata cessata qualsiasi attività di contenimento dei predatori, mentre nelle aree precedentemente non gestite si è avviata l’attività di controllo. Trascorsa una quantità di tempo simile alla prima, si è andati a fare i conti, ossia a verificare come si erano comportate le popolazioni di lepri variando il regime di controllo della predazione.

Questo modo di procedere ha consentito di valutare appieno gli effetti indotti dal solo controllo dei predatori senza alcuna interferenza da parte dell’ambiente, in quanto rimasto sempre lo stesso a prescindere dal tipo di gestione della predazione.

Volpi e lepri in Polonia

Questa impostazione è stata adottata in un esperimento condotto nel 2006 in Polonia, in un’area di 3.200 ettari caratterizzata da una densità di 4,4 lepri per 100 ettari. Questa area fu sottoposta, nel 1996-1997 e nel 2001- 2002, al contenimento delle volpi. Una vicina area di 3.400 ettari, ambientalmente simile all’altra e avente una densità di 10,6 lepri per 100 ettari, fu presa come pietra di paragone, cioè lasciata priva di qualsiasi intervento a carico delle volpi.

La situazione fu invertita, cessando il controllo della volpe nella prima area e realizzandolo, nel 2000-2001 e nel 2001-2002, nella seconda.

Ebbene, durante l’esperimento, nell’area di riduzione rispetto a quella di controllo, gli indici di densità della volpe risultarono più bassi, in media di 2,8 volte, e quelli della lepre più elevati, in media di 1,7 volte.

Gli studi inglesi sulla lepre

Un riscontro più significativo di questo tipo di sperimentazione è stato ottenuto in Inghilterra confrontando tra loro i risultati ottenuti in tre diverse aree lungo un ampio arco di anni. Questo lavoro è riuscito a offrire un quadro molto attendibile sui reali rapporti tra lepri e volpi, e sugli eccellenti incrementi di lepri che si possono conseguire tramite una simultanea azione di miglioramento ambientale e controllo della predazione.

Il primo sito dove si svolse questo studio inglese, tra il 1983 e il 1990, fu il Salisbury Plain, un’area di addestramento del ministero della Difesa nel Wiltshire. L’esperimento ebbe luogo in due aree simili, rispettivamente di 564 ettari (Collingbourne) e di 496 ettari (Milston). Ciascuna delle due aree includeva sia terreni utilizzati per le esercitazioni militari, sia terreni agricoli, coltivati principalmente a grano, orzo e colza. Ciascuna area conteneva anche alcuni piccoli boschi e aree di macchia.

Il controllo dei predatori fu iniziato a Collingbourne nel 1985 e continuato nei successivi tre anni, destinando invece Milston al ruolo di area di confronto non gestita. I trattamenti furono quindi cambiati nei successivi tre anni, con il controllo dei predatori attuato a Milston e fermato a Collingbourne. In nessuna delle due aree fu invece realizzato alcun miglioramento ambientale.

L’area di Collingbourne era divisa in due da una strada trafficata dove, nel periodo di controllo della predazione (1985-1987), vi rimasero uccise 82 lepri. Invece, nell’area di Milston, sempre durante il periodo in cui fu sottoposta al controllo della predazione (1988-1991), furono uccise dal traffico stradale solo due lepri. La caccia alle lepri fu svolta in entrambe le aree.

Differenti aree di studio

Il secondo sito dello studio, tra il 1992 e il 2006, fu l’azienda agricola Loddington, nel Leicestershire, costituita da 297 ettari di seminativi e prati, con siepi e numerosi piccoli boschi, e dalla fattoria di Horninghold di 312 ettari come area di confronto. A Loddington furono realizzati dei miglioramenti ambientali, in particolare strisce lungo i bordi dei campi per una larghezza media di venti metri, al fine di fornire aree ricche di invertebrati per l’alimentazione delle nidiate dei fagiani in estate, di semi e di coperture in inverno.

L’uso dei pesticidi nelle colture dei cereali fu limitato, specialmente sui margini delle colture stesse, per aumentare l’abbondanza degli invertebrati. Furono inoltre realizzate delle banchine erbose per gli insetti in un terzo dei campi e strisce erbacee in tutti i confini dei campi.

Le popolazioni dei predatori furono controllate dal 1993 al 2001 e per valutare separatamente gli effetti del controllo della predazione e del miglioramento ambientale, l’abbattimento dei predatori fu fermato a Loddington negli anni 2001 e 2002, mentre furono mantenuti tutti i miglioramenti ambientali. Viceversa, per tutto l’intero periodo di studio, non fu realizzato alcun intervento, tanto nei confronti dei predatori quanto dell’ambiente, nell’area di confronto a Horninghold.

Attenzione ai predatori

Infine, il terzo sito dello studio fu rappresentato, nel periodo 2002-2006, da Royston, nell’Hertfordshire. Si trattava di un ambiente agricolo di 2.000 ettari, per la maggior parte seminativi. In questi anni furono realizzati sia il controllo della predazione sia il miglioramento ambientale in un’area centrale di 1.000 ettari, mentre altrettanti ettari furono destinati a fungere da area di confronto.

In tutti e tre i siti, il controllo dei predatori fu attuato dallo stesso guardacaccia professionista (M. H. Brockless) nei confronti di volpi, ermellini, donnole, ratti, cornacchie, gazze, corvi e taccole.

Risultati convincenti

All’inizio dell’esperimento le densità di lepri esistenti nelle aree destinate ad essere sottoposte a controllo dei predatori erano molto simili a quelle presenti nelle aree di confronto. Così nel Salisbury Plain alle 15,6 lepri per 100 ettari di Collingbourne corrispondevano le 11,3 di Milston; allo stesso modo a Loddington lo stesso rapporto era di 3,6 contro 3,2 a Horninghold, mentre a Royston le cose stavano 23,1 contro 23,5.

In generale, l’abbondanza delle lepri aumentò ovunque fu messo in atto il controllo dei predatori, all’incirca con un raddoppio, mentre le aree di confronto non mostrarono alcun cambiamento, cioè né aumenti né diminuzioni delle rispettive popolazioni di lepri. In particolare, durante gli anni di controllo dei predatori nel Salisbury Plain, la densità delle lepri raggiunse un picco di 28,5 lepri per 100 ettari; a Loddington fu conseguito il record di 52,3; a Royston addirittura quello di 67,2.

Azioni in sinergia

Là dove, come a Loddington e Royston, furono eseguiti anche i miglioramenti ambientali gli aumenti più rilevanti delle lepri si verificarono comunque solo in corrispondenza dei periodi di controllo dei predatori. E, a riprova della consistenza raggiunta dalle popolazioni gestite, anche i carnieri di lepri realizzati durante le stagioni di caccia risultarono abbondanti, fino a raggiungere a Loddington un record di 39,3 lepri abbattute per 100 ettari. Ma il prelievo venatorio, ancorché elevato, durante gli anni di controllo dei predatori, non influenzò mai le densità delle lepri.

Però, attenzione, una volta cessato il contenimento dei predatori, anche là dove continuò la realizzazione dei miglioramenti ambientali, le densità delle lepri diminuirono in misura rilevante, piombando, come nel caso di Loddington, a solo 7,8 lepri per 100 ettari.

Azioni incrociate

Questo lavoro ha senza dubbio dimostrato come il controllo della predazione sia capace di consentire una rilevante crescita delle popolazioni di lepri. Tuttavia, esso ha messo in luce anche l’importanza dei miglioramenti ambientali, considerato che i massimi incrementi sono stati ottenuti coniugando strettamente tra loro questi due fondamentali aspetti della gestione.

Rispetto a coloro che sostengono come il degrado dell’habitat sia la vera unica causa del declino della popolazione di lepre in Europa, questi ricercatori inglesi, invero insieme a quelli danesi, sono riusciti a dimostrare come, al contrario, il ruolo giocato dai predatori sia in realtà la causa principale del declino della lepre.

Migliorare l’ambiente non basta

I ricercatori hanno anche dimostrato come il solo miglioramento ambientale non sia di per sé in grado di ottenere apprezzabili incrementi delle lepri e come soltanto il controllo della predazione unito a un oculato intervento di miglioramento ambientale sono la chiave di una buona gestione faunistica e venatoria.

In conclusione, la ricetta per poter disporre di consistenti popolazioni di lepri è semplice: occorre disporre di un ambiente passabile, migliorarlo per quanto è possibile con mirati interventi, e soprattutto attuare un efficace controllo della predazione.

Per approfondire

  • Smith et al., A quantitative analysis of the abundance and demography of European hares Lepus europaeus in relation to habitat type, intensity of agriculture and climate, 2005
  • Panek et al., The effect of experimental removal of red foxes Vulpes vulpes on spring density of brown hares Lepus europaeus in western Poland, 2006
  • Reynolds et al., The consequences of predator control for brown hares (Lepus europaeus) on UK farmland, 2010

Non perdere le ultime notizie sulla caccia sul portale web di Caccia Magazinee e seguici anche sulla nostra pagina Facebook