Detenzione di richiami vivi e maltrattamento, la sentenza

Detenzione di richiami vivi e maltrattamento: tordo sassello su ramo in inverno
© Tony Mills / shutterstock

Sentenza del Tribunale di La Spezia: ci sono dei criteri ben precisi perché la detenzione di richiami vivi si configuri come maltrattamento animale.

Sul parere Ispra prevale la legge regionale, che per la detenzione di richiami vivi in Liguria prevede dimensioni minime minori rispetto a quelle contestate. Con la sentenza 819/2022 (l’ha diffusa e commentata la Federcaccia nelle scorse ore) il tribunale di La Spezia ha pertanto assolto un cacciatore che nel 2021 s’era visto contestare il reato previsto dall’articolo 727, secondo comma, del codice penale (maltrattamento di animali); è quello che infligge la stessa pena prevista per l’abbandono, ossia il carcere fino a un anno o l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro, a «chiunque detenga animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze». Gli si contestava la detenzione non adeguata di nove richiami vivi (un tordo sassello, tre merli, cinque tordi bottacci).

Ma per il tribunale il fatto non sussiste; e non solo perché le gabbie (25x25x30 centimetri) erano più grandi della dimensione minima prevista dalla legge regionale (nel 2013 l’Ispra fissava invece la grandezza intorno al metro). Perché il reato si compia è infatti necessario accertare «un’oggettiva sofferenza dell’animale a causa delle condizioni in cui è tenuto». In questo caso invece ci si è concentrati solo sulla dimensione delle gabbie; ma non si sono rilevati «oggettivi segni di sofferenza o patologia che anzi venivano espressamente esclusi».

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