Peste suina africana, la Libera Caccia chiede più caccia

Peste suina africana: cinghiale
© Thomas Martzel / shutterstock

Per combattere i rischi della peste suina africana la Libera Caccia suggerisce di non imporre limitazioni al prelievo; può semmai essere utile isolare gli allevamenti di suini.

Non chiudere la caccia come a cadenza costante chiedono gli animalisti, ma «isolare gli allevamenti suinicoli installando recinti di dimensioni contenute, facilmente monitorabili»: per Paolo Sparvoli, presidente nazionale della Libera Caccia, potrebbe essere questa una delle strategie utili a contenere la diffusione del virus della peste suina africana.

Le recinzioni intorno alle zone da proteggere sono «molto più efficaci e infinitamente meno dispendiose» di quelle che delimitano la zona infetta; per Sparvoli queste sono infatti «assurde e inutili», e per realizzarle «si sono già spese centinaia di milioni».

In contemporanea anziché ostacolata la caccia «dovrebbe essere incentivata»; i cinghialai italiani potrebbero infatti rappresentare un buono «strumento per contenere una specie ormai totalmente fuori controllo».

Nelle stesse ore Francesco Lollobrigida e Marc Fesenau, ministri dell’Agricoltura d’Italia e Francia, hanno annunciato la creazione d’un gruppo tecnico internazionale che, riuniti alcuni esperti di salute animale, fauna selvatica e caccia, definisca le mosse migliori per evitare che il virus si diffonda all’esterno delle zone già aggredite; i due governi intendono “lavorare su strategie comuni, in particolare sulla gestione del cinghiale e la sorveglianza della fauna selvatica”.

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