Neppure nel consiglio dei ministri di ieri, il quarto dall’annuncio, il governo Meloni ha esaminato il testo base con cui intende procedere alla riforma della legge sulla caccia.
Al quarto giro nessuno può più dirsi sorpreso: neppure nel consiglio dei ministri di ieri, il quarto dopo l’annuncio di Francesco Lollobrigida a Caccia Village, s’è discusso della riforma della legge sulla caccia; tra i provvedimenti esaminati il comunicato di fine seduta, infatti, riepiloga soltanto il decreto fiscale, le misure relative alle crisi industriali, la riforma dei contributi alla cultura e la nomina di Luigi Sbarra, ex segretario della Cisl, a sottosegretario al Sud.
Il ritardo ha due effetti, distinti e ugualmente spiacevoli. Innanzitutto ancora non si conosce neppure la prima riga del testo che il governo presenterà al parlamento (e, dopo la smentita di Lollobrigida nel corso dell’ultimo question time, si fa sottile anche l’appiglio fornito dalle anticipazioni del Fatto Quotidiano); e soprattutto si rischia di andare lunghi, ben oltre la fine d’agosto, e dunque d’intaccare la stagione 2025/2026, che sta prendendo forma in queste settimane, quelle dell’approvazione dei calendari venatori regionali: se davvero il governo vuole lasciare spazio alle audizioni delle associazioni di settore e consentire sia alla Camera sia al Senato di discutere a fondo il testo, la pausa estiva rischia di rappresentare un forte fattore di rallentamento.
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