La Corte costituzionale ha considerato legittima la legge regionale dell’Abruzzo sulla rappresentanza dei cacciatori nei comitati di gestione degli Atc.
La presenza delle diverse componenti è sufficiente a garantire il pluralismo e la rappresentanza d’interessi diversi, il consiglio regionale ha il diritto di scegliere il meccanismo col quale ripartire tra le diverse associazioni venatorie i seggi assegnati ai cacciatori nel comitato di gestione degli Atc: basandosi su questo principio la Corte costituzionale ha considerato infondata (sentenza 82/25) la richiesta di legittimità costituzionale sollevata dal Tar dell’Abruzzo, cui s’erano rivolte Arcicaccia, Libera Caccia ed Enalcaccia lamentando la disproporzionalità introdotta dal terzo comma dell’articolo 3 della legge regionale 11/23.
Come sistema elettorale la maggioranza aveva infatti scelto un proporzionale basato sul metodo D’Hondt, o delle più alte medie (si divide «il numero degli iscritti di ogni associazione per numeri progressivi da uno fino a quello pari ai seggi da assegnare, così da ottenere quozienti ai quali rapportare l’assegnazione del seggio»), che – è risaputo – «produce un effetto di compressione della proporzionalità» a favore delle sigle, associazioni o partiti, più grandi; ne era derivata, come previsto, una «marcata sovrarappresentazione della Federcaccia».
Il pluralismo riguarda i rapporti tra categorie
Non si può pretendere, si legge nella sentenza, che la legge garantisca il pluralismo anche all’interno d’ogni categoria: ciascuna, infatti, «esprime interessi in linea astratta confliggenti [con quelli delle altre], e viceversa tendenzialmente omogenei all’interno, o perlomeno assunti come tali dal legislatore statale».
Il comitato di gestione è adeguatamente bilanciato nel momento in cui rappresenta le esigenze sia dei cacciatori, sia degli agricoltori, sia degli ambientalisti, e tiene conto del parere delle istituzioni; non si può pensare che ogni sigla debba trovare spazio in proporzione ai propri iscritti: «è nel rapporto tra categorie di associazioni che si valuta il grado di rappresentatività dell’organo direttivo».
Peraltro persino i sistemi elettorali meno distorsivi «e più marcatamente proporzionali» falliscono nell’obiettivo «di conseguire quel perfetto rapporto tra peso delle liste e seggi»; e il legislatore regionale è pienamente titolato a ridurre la proporzionalità del meccanismo che disciplina l’elezione di organi esecutivi, «per i quali si avverte con particolare evidenza la necessità di [ottenere] stabili maggioranze decisionali».
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