Massimo Buconi, presidente nazionale della Federcaccia, critica l’istituzione del Parco nazionale del Matese, e fa capire che non si può escludere un ricorso.
Annunciando che è pronta a sostenere le proprie argomentazioni «anche nelle aule giudiziarie», la Federcaccia ventila un ricorso contro l’istituzione del Parco nazionale del Matese; il punto controverso è l’estensione («enorme, anche se ridotta rispetto alla previsione [originaria che superava] i 100.000 ettari») di 87.897 ettari, maggiore della quota massima, il 30% del territorio agrosilvopastorale, che al di fuori della zona alpina la legge 157/92 (articolo 10, terzo comma) destina alle aree protette. In questo modo, nota Massimo Buconi, che della Federcaccia è presidente nazionale, si impedisce ai cacciatori, e non solo a loro, «la libera fruizione di tantissimi territori».
La Federcaccia, ribadisce Buconi, non ha nulla contro le aree protette; anzi, è convinta che in molti casi siano utili per la salvaguardia, la conservazione e la valorizzazione del territorio; alcune però costituiscono «problemi per i cittadini e per le attività produttive».
La soluzione ai problemi della contemporaneità non può essere «la parcomania», che spesso si declina come «cultura del divieto, e non contribuisce alla conservazione dell’ambiente». La Federcaccia è semmai per la gestione, attività che implica studio, analisi dei dati e investimenti; «senza una gestione corretta» chiude Buconi «e se non si lasciano fuori i pregiudizi ideologici le aree protette diventano solo luoghi di divieto, [gravidi] di difficoltà».
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