Censimento dei cinghiali

Censimento di cinghiali
©shutterstock

Le difficoltà di un censimento di cinghiali sono tante e tali da suggerire che non serve affatto. Si è allora tentati di fornire delle cifre a caso, a seconda delle necessità. Ma non sono belle idee. Dobbiamo sapere quanti più o meno sono. E questo non solo per la caccia, ma anche per l’opinione pubblica

Sapere quanti cinghiali ci siano nel territorio che ci interessa è tutt’altro che una cosa semplice.

Non è una novità, questa. Almeno tre sono i problemi.

In primo luogo, il cinghiale è una specie semi-notturna. Certo, anche perché viene cacciato con apprezzabile intensità. Mentre dove è meno perseguitato, per esempio nelle aree protette, ha abitudini anche diurne. Ma anche in tal caso le difficoltà pur sempre esistono.

Inconvenienti

In secondo luogo questa specie non frequenta volentieri – se non di notte – le zone aperte. E ciò anche perché il suo habitat è sostanzialmente la macchia, il bosco fitto.

Questi due primi parametri basterebbero a spiegare perché sia difficile contare i cinghiali. Una specie quasi sempre notturna e tipica del folto si fa vedere con parsimonia e questo, tra l’altro, rende ovviamente poco piacevole l’attesa. Mentre un censimento a vista è molto divertente. E spero che questa affermazione sia condivisa da chi mi legge.

Guardare con il binocolo per avere informazioni al fine di una buona caccia futura è di per se bello. E vale anche durante la caccia, se è selettiva. Persino se non siamo interessati a causa della stagione o del momento, è bello sparare un colpo ottico.

Ma il cinghiale ci offre poche soddisfazioni in questo senso. Ed ecco ancora il terzo motivo, del tutto scoraggiante. Di norma i cinghiali si muovono in gruppi numerosi e questo significa che non sono dappertutto, diffusi sul territorio in modo capillare. In altri termini, se non si è abbastanza abili e pure un po’ fortunati, si corre sempre il rischio, del resto caratteristico di tutti gli ungulati sociali, di non vedere proprio nulla. Saranno anche tanti, i cinghiali, ma si troveranno altrove.

Insomma, aspettarli sul primo verde, come si fa con il capriolo, è poco utile. Almeno quasi sempre.

E ancora. Poco divertimento equivale a scarso impegno. Quantomeno può essere così. Ma poiché i censimenti sono indispensabili, che cosa si può fare?

Prima di affrontare il problema tecnico, come censire efficacemente, vorrei però parlare delle necessità dei censitori. Purtroppo, a parte qualche lodevole eccezione, si parla poco dell’altra parte del dilemma, cioè delle inclinazioni, della disponibilità e quindi anche della soddisfazione di chi sta fuori a contare i cinghiali.

Chi esegue i censimenti?

Una breve analisi è opportuna. Si tratta di volontari e, al 90% e più, di cacciatori. Il tecnico coordinatore può esserci, ma non è detto. È insomma questo uno dei compiti del volontariato, anche se talvolta è un volontariato quasi costretto, quando si lega il piano di abbattimento alla presenza dei conteggi. Senza trarre una conclusione definitiva perché molte sono le varianti a livello nazionale, esiste comunque una regola, valida in altri settori. I volontari lavorano meglio se ricavano un appagamento personale da ciò che fanno e il loro apporto viene riconosciuto e valorizzato. E questo sia che il volontariato sia tale, puro e appassionato, oppure sia in qualche modo costretto dai regolamenti a prestare la propria opera.

Il primo problema da affrontare quando si pianifica un censimento è allora quello di preoccuparsi del benessere degli operatori. Non intendo un sistema di remunerazione. Altrimenti non parleremmo di volontariato. E neppure voglio affrontare la questione delle spese di viaggio, che mi piacerebbe rimanesse a carico dei censitori, entro naturalmente certi limiti.

Parlo dell’appagamento, della soddisfazione di aver fatto un lavoro a regola d’arte, riconosciuto e ritenuto utile, i cui risultati si conoscono e vengono resi pubblici.

La gratificazione

Questo è allora il nodo essenziale da sciogliere, prima di affrontare i risvolti tecnici, cioè come condurre un censimento: la gratificazione degli operatori. E qui ogni situazione sarà diversa, a seconda della cultura venatoria e sociale ivi esistente. Precisato che non possono esserci ricette precostituite, tanto siamo – fortunatamente – diversi da Sud a Nord, ce ne sono però alcune ben note, quando si lavora con le persone. E persone sono appunto i censitori. Non macchine o lavoratori asserviti e licenziabili.

Una regola basilare è allora questa. Il lavoro – un censimento lo è – deve essere ritenuto importante e utile, da chi lo esegue: non tanto per farlo, allora. E qui il compito del coordinatore, tecnico o capo braccata che sia, è alquanto impegnativo. Non può essere indifferente avere 100 cinghiali o 50 o 200.

La questione è relativamente più agevole da affrontare se i censitori sono le stesse persone che poi cacceranno in quella zona. Dal censimento deriva per necessità un piano di abbattimento. E allora chi conta i cinghiali lo fa, in primo luogo, per sé stesso e per i colleghi. Pertanto, sarebbe bene, ma pare che così sia un po’ dappertutto, che gli operatori ai conteggi e i cacciatori beneficiati siano i medesimi.

Il cinghiale di quell’ambito è roba loro

A suo tempo si era suggerito di lavorare invece con operatori non interessati al prelievo in quella zona. Ciò, si diceva, per evitare di gonfiare i dati e quindi di poter contare su di un approccio laico, imparziale e non capzioso. Ma le poche esperienze a questo proposito si sono rivelate fallimentari.

Se sono cacciatori di altre zone, il loro interesse ad averne 100 o 50 è vicino a zero. E ci si espone anche a vendette: “Ne avete censiti 20 nella zona nostra? Bene, bene. Quando veniamo noi da voi, vedrete quanti ne contiamo”.

E se non sono cacciatori peggio ancora, ammesso che ci vengano. Su di loro graverà sempre un clima di sospetti a meno che non siano famosi e noti per la loro onestà. Ma dove ne troviamo ottanta di questa qualità per fare un censimento in braccata e senza sparo?

C’è ancora un punto sul quale è necessario essere chiari. Se le zone di caccia sono a rotazione, tutto questo discorso va a catafascio. Il cacciatore medio penserà: “e per quale maledetto motivo devo censire per gli altri? Se non ci vado poi io, e poi arrivano quei maledetti di … e di … (scelta a piacere) proprio non mi interessa”. La fine della gestione, insomma. Vogliamo questo?