Carne di selvaggina: le linee guida per la cessione

carne di selvaggina
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La Conferenza Stato-Regioni ha approvato le linee guida per la cessione di carne di selvaggina.

Se sull’autoconsumo non ci sono raccomandazioni particolari tranne il monitoraggio della trichinella, è sulla fornitura diretta di piccole quantità e sulla commercializzazione che si sviluppano le linee guida per la cessione di carne di selvaggina. Uscito dalla Conferenza Stato-Regioni dopo una gestazione di un anno e mezzo – Samuele Tofani ne scrisse sul primo numero assoluto di Caccia Magazine -, il documento definisce protocolli e regole di comportamento per cacciatori e operatori economici.

L’immissione sul mercato attraverso uno stabilimento riconosciuto non è concettualmente complessa: è obbligatorio passare da un centro di lavorazione della selvaggina. Durante il trasporto le carcasse non devono essere ammassate; i visceri devono essere chiaramente identificabili.

Più complessa è la fornitura diretta di piccole quantità – e già sulla definizione di piccole quantità c’è da ragionare. La carcassa (intera, in mezzena, in quarti o in terzi di mezzena) viene ceduta direttamente al consumatore finale o a un dettagliante; la si può cedere a più dettaglianti – negozianti, ristoratori – a patto che se ne mantenga la tracciabilità e si resti all’interno del territorio regionale. Di per sé non è obbligatorio il passaggio dal centro di lavorazione della selvaggina, che però può essere imposto dalle singole Regioni. In ogni caso, perché tutto sia rintracciabile, la documentazione deve essere conservata per due anni.

In linea di massima non si può commercializzare la carcassa di un selvatico morto in un incidente stradale; la deroga è consentita in quei casi in cui siano previste procedure specifiche per visite veterinarie ante mortem. La cessione di selvaggina abbattuta all’estero è consentita soltanto previo passaggio da un centro di lavorazione.

Piccoli quantitativi: come si calcola il numero massimo?

Perché si possa parlare di piccole quantità, ogni anno un cacciatore può cedere massimo (terminologia orribile ma tecnica, tant’è) due unità di capi grossi equivalenti.

Il calcolo delle equivalenze

  • cervo adulto: 1 unità (= un cervo conta uno)
  • daino adulto: 0,5 unità (= un daino conta mezzo)
  • cinghiale adulto: 0,5 unità (= un cinghiale conta mezzo)
  • muflone: 0,33 unità (= un muflone conta un terzo)
  • camoscio: 0,33 unità (= un camoscio conta un terzo)
  • capriolo adulto: 0,25 unità (= un capriolo conta un quarto)
  • ungulato giovane: la metà dell’adulto
  • selvatico da piuma: 0,01 unità
  • selvatico da pelo: 0,08 unità

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