Caccia Magazine n.9 settembre 2022: l’editoriale del direttore

Caccia Magazine n.9 settembre 2022: non ci resta che litigare

Caccia Magazine n.9 settembre 2022: l’editoriale – È nata ufficialmente a metà luglio Agrivenatoria Biodiversitalia. Di che cosa si tratta? La risposta non è semplicissima, ma provo a capirlo insieme a voi lettori. La nuova creatura che irrompe nel mondo della caccia italiana ha acceso subito grandi discussioni ancora prima di vedere la luce. La modalità di presentare il progetto alla comunità dei cacciatori e alle associazioni venatorie, a dire il vero, non è stata del tutto felice.

La caccia sociale è sotto attacco?

La notizia è stata infatti data in anteprima da Christian Maffei, presidente di Arcicaccia, e pochi giorni dopo di fatto confermata da un’intervista che Maurizio Zipponi, presidente di Fondazione Una ma anche di Comitato nazionale caccia e natura, ha rilasciato a Il Sole 24 Ore. Il quotidiano di Confindustria ha inequivocabilmente scritto che la nascita di Agrivenatoria Biodiversitalia era il frutto dell’accordo tra Coldiretti e Fondazione Una. Dopo la levata di scudi di Maffei, che di Fondazione Una è vicepresidente e che s’è detto completamente estraneo alla vicenda, c’è stata la repentina retromarcia di Zipponi: l’accordo era stato siglato da Coldiretti e Cncn.

Tralasciamo per adesso questi aspetti che non sono secondari, ma che in questa fase non aiutano troppo a far luce sul ruolo che si prefigge di avere Agrivenatoria Biodiversitalia. L’elemento sul quale concentrare l’attenzione è: il patto tra Coldiretti e Cncn rappresenta una minaccia per la caccia sociale e popolare? Esiste il rischio di mettere in discussione l’articolo 842 del codice civile, cioè l’articolo che consente ai cacciatori l’accesso ai fondi privati?

Il programma di Agrivenatoria Biodiversitalia

Il giorno della presentazione Zipponi ha tenuto a sottolineare che si tratta di «un’importante alleanza tra il mondo agricolo, il mondo venatorio e della gestione faunistica per salvare campagne, città e strade dall’assedio dei cinghiali e mantenere il presidio delle aree interne contro l’invasione della fauna selvatica che mette a rischio la vita delle persone e la sopravvivenza delle imprese».

Il territorio interessato dall’associazione è una fetta importante di quello agropastorale italiano (14%), che “sarà messo a sistema per generare economia sul territorio. Si tratta di una realtà che non si pone l’obiettivo di creare nuove riserve né quello di sostituirsi alle associazioni venatorie riconosciute. Siamo convinti che ci sia un vuoto di rappresentanza nel rapporto tra aziende agrivenatorie, il mondo agricolo e quello delle istituzioni che deve essere colmata da un soggetto come Coldiretti, che sappia dare assistenza e valore aggiunto a un settore strategico per il Paese».

Aggiungo due considerazioni: non tutte le associazioni venatorie hanno alzato un muro contro questa iniziativa; ma soprattutto sarebbe fuorviante e scorretto ridurre il programma di Agrivenatoria Biodiversitalia a un mero desiderio di abolire la caccia «sociale e popolare». Il suo programma è infatti piuttosto articolato e tocca parecchi aspetti; alcuni sono tipici dell’attività venatoria, altri che ampliano il suo raggio d’azione, in particolare l’attenzione al dialogo con le giovani generazioni.

Esiste davvero il rischio che da questa iniziativa generi una guerra dei riservisti contro gli altri cacciatori? Vi dico la verità: non lo so. Non lo so perché nei punti fondamentali del programma non ci sono passaggi che lascino presagire ciò; e non lo so perché non riesco e non voglio dare una lettura ideologica a nessuna delle vicende che riguardano la caccia. È un approccio che vorrei che altri adottassero, a partire, guarda un po’, proprio dalle associazioni venatorie che quando si sentono sotto attacco da un pericoloso referendum anticaccia ululano la necessità di stare uniti, addirittura di creare un unico soggetto che rappresenti tutti i cacciatori. Poi, finita la paura, gabbatu lu santu e giù legna gli uni contro gli altri.

Vigileremo

Al di là dei veri obiettivi che forse vale la pena di valutare un po’ più avanti, posso pensare che la colpa di Coldiretti e Cncn sia stata quella di provare a inserirsi in un territorio lasciato libero per troppo tempo dalle stesse associazioni venatorie che, al di là di buoni intendimenti e propositi, finiscono per perdersi sistematicamente nella insopportabile logica dei veti e delle opposizioni ideologicamente ispirate.

Non si sentiva la necessità della nascita di un altro interlocutore; credo sarebbe utile per i cacciatori e per la caccia in Italia unirsi e non replicare a dismisura i soggetti che rappresentano questo mondo. Questi soggetti sono poi chiamati a rapportarsi con istituzioni politiche locali e nazionali, davanti alle quali il mondo della caccia continua a presentarsi come un coro a troppe voci. Ma è anche vero che davanti all’immobilismo a volte si è costretti a rispondere con l’interventismo. Vigileremo. Eventualmente cercheremo di stimolare e contribuire. E vi terremo aggiornati.

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