Per chi pratica la caccia con l’arco o con il falco non è obbligatoria l’alternativa tra territorio a caccia programmata, ossia Atc, e zona Alpi.
Questa tecnica «produce un impatto limitato sulle popolazioni selvatiche»: pertanto chi caccia con l’arco (lo stesso vale per il falco) non è obbligato a scegliere tra il territorio a caccia programmata, ossia gli Atc, e la zona Alpi.
Lo ha chiarito la Direzione agricoltura della Regione Piemonte, cui s’era rivolto il gruppo arcieri dell’Urca (la domanda l’ha firmata Emilio Petricci, nome noto nel mondo della caccia con l’arco in Italia e firma storica di Caccia Magazine) per chiederle l’interpretazione autentica della legge 157/92, che prima di classificare le tre forme di caccia praticabili in alternativa introduce il quinto comma dell’articolo 12 con la formula «fatto salvo l’esercizio venatorio con l’arco o con il falco». Dunque chi pratica la caccia con l’arco (e con il falco) «può spostarsi dal territorio a caccia programmata alla zona Alpi senza vincolo di scelta».
Si tratta peraltro d’uno degli articoli che nella riforma della legge sulla caccia la maggioranza parlamentare vuole modificare, eliminando l’obbligo di scelta in via esclusiva per tutte le forme di caccia.
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