Uno studio spagnolo pone nuovamente l’attenzione sugli impatti del piombo sull’ambiente. Questa volta il focus della ricerca non è però diretto verso la fauna, ma verso la vegetazione delle aree ricadenti in zone sottoposte a una forte pressione venatoria.
Nonostante il piombo, come altri i metalli pesanti, sia naturalmente presente sulla superficie terrestre. Numerosi studi scientifici suggeriscono che il suo rilascio estensivo in natura sia stato in buona parte il risultato di attività antropiche attuali e pregresse. Queste sono facilmente riconducibili all’estrazione mineraria, alla produzione di rifiuti industriali, all’inquinamento dovuto al piombo nella benzina (negli anni passati), nelle vernici e in oggetti di uso comune e, ovviamente, all’utilizzo delle munizioni contenenti piombo ancora utilizzate per la caccia e le attività di tiro civile e militare. La necessità di informazioni sulla quantità del piombo nell’ambiente è rilevante quando sono in gioco attività umane di tipo economico e sanitario.
Il piombo è un elemento chimico che, nel caso delle munizioni da caccia, si presenta in forma metallica o in lega con altri metalli. I pallini di piombo si degradano in particolato o molecole a una velocità specifica che dipende dalle caratteristiche del terreno. Ossia dalla tipologia ambientale del sito, uso del suolo e pratiche agricole (ad esempio, l’applicazione dei fanghi sui terreni agricoli). La persistenza di questo metallo nel terreno varia tra i 30 e i 300 anni.
Nell’ambiente il piombo si accumula nei sedimenti, ma può anche essere presente (in forme chimiche differenti) nelle acque interstiziali ed estuariali. Nel corso del tempo, il metallo accumulato tende a penetrare negli strati più profondi del suolo e a raggiungere le acque sotterranee, con conseguente contaminazione da metalli pesanti delle falde.
Gli effetti negativi del piombo sulle piante
Anche il piombo riversato nelle aree di caccia e di tiro rappresenta un problema ambientale a causa del suo potenziale movimento attraverso il suolo fino alle acque superficiali e sotterranee. Questo implica che possa essere assorbito in vari modi dalla rete di organismi presenti nella terra (rete composta da numerosi elementi, fra cui vermi, lombrichi e millepiedi), dagli uccelli e da altri animali, e che possa essere trasferito alle colture.
L’avvelenamento da piombo nella fauna selvatica, così come nell’uomo, è un problema ampiamente studiato e riconosciuto. Sono già stati segnalati effetti negativi sulla salute pubblica, sulla riproduzione umana e sul comportamento animale. Per quanto riguarda l’uso del piombo nell’attività venatoria, le più alte densità di accumulo di questo elemento si verificano quando l’attività di caccia intensiva viene praticata da postazioni fisse e per lunghi periodi.
Queste forme di caccia comportano, infatti, il rilascio prolungato in un determinato luogo e nel tempo di questo metallo che tenderà, quindi, a depositarsi nel terreno. Ed è cosa nota che la legislazione europea oggi vieta la caccia con munizioni in piombo nelle zone umide a causa dell’impatto dell’accumulo di piombo in questi delicati habitat.
Gli effetti negativi del rilascio del piombo in natura riguardano, però, anche le piante. L’accumulo maggiore di piombo si ha nelle radici quando affondano in un suolo contaminato. E chiaramente il piombo può spostarsi dalle radici ai tessuti vegetali superiori. Questo metallo è spesso altamente mobile e molto “fotodisponibile”, per cui il suo assorbimento, da parte della vegetazione, può essere un rischio o un vantaggio a seconda del ruolo di alcune piante nel fitorisanamento.
Gli effetti negativi del piombo sulle piante comprendono disturbi che ne alterano le normali attività fisiologiche. Tra queste l’inibizione della fotosintesi, la germinazione dei semi, lo sviluppo e la crescita, fino alla morte delle stesse.
Lo studio spagnolo
In Spagna è stato condotto uno studio per verificare l’impatto dell’uso elevato di munizioni in piombo in quelle aree dove l’attività venatoria si pratica in maniera intensiva. In sostanza nei territori ove si pratica la caccia commerciale, confinata in aree specifiche (simili nelle nostre Aatv per intenderci).
L’analisi degli effetti a breve e medio termine sull’ambiente è fondamentale per monitorare e valutare l’impatto di queste forme di caccia. L’obiettivo principale di questo lavoro di ricerca è stato quello di determinare la quantità di piombo accumulato in una riserva di caccia. Questo analizzando la vegetazione ed esplorando le differenze tra le specie vegetali nell’area influenzata dagli spari. Il tutto per valutare la potenziale minaccia ambientale del piombo riversato in natura tramite le munizioni.
Nella Sierra Morena
L’area di studio è situata nelle montagne della Sierra Morena, nel sud della Spagna. Si estende su 1.343 ettari con un perimetro di 21.220 metri. Confina a nord con la Sierra Norte de Sevilla Natural Park (Andalusia), una delle aree naturali protette che compongono la rete ecologica europea Natura 2000, istituita dalla Direttiva 92/43/Cee. Sul confine settentrionale della proprietà si trovano due siti catalogati come siti di interesse comunitario (Sic).
La principale attività economica nel sito di studio è la caccia alla piccola selvaggina, in particolare alla pernice rossa (Alectoris rufa). Nell’area, la pernice rossa viene cacciata in diverse modalità. La principale è il drive, il tradizionale ojeo spagnolo. Altre specie cacciabili sono il coniglio europeo, la cesena, il tordo bottaccio, il colombaccio, la tortora dal collare e la tortora europea. Come attività secondaria, la caccia grossa è principalmente rivolta verso cervo rosso e cinghiale.
La caccia alla pernice rossa
La caccia alla pernice rossa si svolge nelle date stabilite dalle autorità regionali. La stagione venatoria inizia all’inizio di novembre e termina alla fine di marzo. Nell’area di studio, ogni anno vengono effettuate circa 36 battute, distribuite su più giorni, ognuna delle quali con quattro o cinque postazioni o linee di tiro. Le linee di tiro sono solitamente composte da otto cacciatori. Trenta persone si occupano di battere la montagna per involare le rosse. Ogni giorno vengono abbattute circa 600 pernici rosse, con una stima di 15.084 pernici all’anno. Ciò significa che viene scaricata nell’ambiente una grande quantità di piombo.
L’area della riserva in cui viene praticata la caccia intensiva alla pernice rossa è di 158,5 ettari. La quantità di piombo scaricata è stata calcolata utilizzando un criterio conservativo. Sono stati stimati tre colpi per ogni singola pernice rossa recuperata, considerando il peso medio di ogni cartuccia in 32 grammi (250 pallini). Da queste premesse si è ottenuto che nell’area di studio vengono immessi 9,4 chili di piombo per ettaro ogni anno.
L’analisi della vegetazione
La vegetazione analizzata è stata raccolta, tra il 2017 e il 2019, sia in prossimità dei punti di tiro (cinque) sia da punti dove non si sparava (sei), ma sempre interni alla tenuta. Sono stati raccolti campioni da 32 piante di specie erbacee, arbustive e arboree selezionate a caso.
Alcune piante come l’ulivo e il cisto femmina hanno mostrato importanti differenze nella concentrazione di piombo a seconda dell’area in cui si trovavano. Viceversa, alcune essenze come il rovo, il leccio e il lentisco non hanno mostrato valori significativamente differenti. In tutti i casi, comunque, la concentrazione di piombo era più alta nella vegetazione proveniente dai siti di caccia rispetto a quelli non frequentati dai cacciatori.
Inoltre, i ricercatori hanno riscontrato una concentrazione significativamente maggiore nei germogli vecchi rispetto a quelli giovani. Ciò conferma che il metallo tende ad accumularsi nel tempo nei tessuti delle piante. Ovviamente quest’ ultimo aspetto, legato all’accumulo di metalli sulle piante, si potrebbe ripercuotere in modo negativo anche nei confronti di quegli ungulati selvatici o domestici. Questi, infatti, potrebbero alimentarsi con le parti verdi di queste piante contaminate. In questo caso specifico va però sottolineato che i ricercatori, in maniera molto chiara, affermano di non avere trovato nessuna situazione di fitotossicità (30 – 300 mg/kg).
L’impatto delle munizioni in piombo sull’ambiente
Il lavoro ha ulteriormente evidenziato l’impatto delle munizioni contenenti piombo anche sulla vegetazione. I risultati della ricerca consentiranno di intraprendere ulteriori studi al fine di esaminare l’impatto chimico ed ecotossicologico del piombo delle munizioni su piante e animali nelle aree in cui si praticano cacce in modo intensivo. E ancora una volta sono stati forniti elementi incontrovertibili a supporto dell’uso di munizioni in leghe alternative, che ormai hanno ben poco da invidiare al piombo.
Anche nel contesto italiano sarebbe quindi auspicabile promuoverle. Lo scopo è quello di preservare la salute di suolo e piante. Non solo per la caccia agli acquatici o agli ungulati in selezione, ma anche per tutte quelle forme di caccia che prevedono grosse quantità di colpi in aree circoscritte.
Per approfondire
- De la Peña E., Seoane J.M., Carranza J. – The Impact of Pb from Ammunition on the Vegetation of a Bird Shooting Range. Sustainability 2022, 14(5), 3124.
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