Si torna al Tar: le associazioni venatorie gli hanno chiesto di sospendere la delibera della giunta regionale dell’Umbria, e far riaprire la caccia a beccaccia, cesena, tordo bottaccio e tordo sassello.
Due azioni distinte con lo stesso obiettivo: sia la Federcaccia sia, congiuntamente, Libera Caccia, Caccia pesca ambiente, Enalcaccia, Italcaccia e Anuu vogliono ottenere dal Tar dell’Umbria la riapertura della caccia al tordo e alla beccaccia; dopo l’ultima ordinanza del Consiglio di Stato la giunta regionale (da qualche mese la guida Stefania Proietti: non si può escludere che il cambio di colore, da destra a sinistra, abbia avuto un peso nello sviluppo della vicenda) ha infatti deciso d’anticiparne la chiusura nonostante la nuova formulazione della legge 157/92, che adesso prevede che in caso di sospensione cautelare torni in vigore l’ultimo calendario valido.
Firmato dall’avvocato Alberto Maria Bruni, il ricorso della Federcaccia segue una doppia linea argomentativa: dopo l’approvazione dell’ultima finanziaria è direttamente la legge nazionale, e non più i calendari venatori, «ad autorizzare e legittimare» la caccia; pertanto «la sospensione del calendario venatorio […] non può determinare l’interruzione» della stagione. In parallelo, sostiene la Federcaccia, la giunta regionale avrebbe dovuto attenersi al nuovo articolo 18 della legge 157/92, sul quale il Consiglio di Stato ha semplicemente detto di non potersi esprimere considerato che nessuno glielo ha chiesto.
È analoga la motivazione addotta da Marzio Vaccari, l’avvocato che rappresenta le altre associazioni venatorie: la legge 157/92 adesso prevede che qualora il giudice amministrativo sospenda il calendario venatorio torni in vigore quello della stagione precedente, o comunque l’ultimo valido; e il Consiglio di Stato «non ha affrontato minimamente la problematica» legata alla nuova formulazione dell’articolo 18: «in ottemperanza al principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, non avrebbe potuto andare oltre».
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