Il Tar della Lombardia ha accolto il ricorso della Lac e imposto il divieto di caccia su tutti i 475 valichi montani interessati dalle rotte migratorie dell’avifauna.
Il commissario straordinario aveva sottoposto a protezione soltanto diciannove valichi (avrebbero potuto aggiungersene altri quindici in seguito a un monitoraggio di ventiquattro mesi), ma la limitazione «non ha una ragione di carattere scientifico» e si pone in contrasto con la normativa, così come chiarita dalla Corte costituzionale che aveva specificato che la disposizione s’applica anche al di fuori del comparto alpino di maggior tutela: così il Tar della Lombardia motiva la sentenza (è la 1516/2025, quarta sezione) con la quale ha accolto il ricorso della Lac e imposto il divieto di caccia nel raggio d’un chilometro da tutti i 475 valichi montani regionali interessati dalle rotte migratorie dell’avifauna.
«Non è possibile procedere a valutazioni di natura proporzionale» scrive il Tar (la sentenza la firmano il presidente Gabriele Nunziata e l’estensore Antonio De Vita) «o dirette a realizzare una composizione d’interessi potenzialmente confliggenti, espressamente esclusa dal legislatore nazionale»; il commissario straordinario ha sbagliato a prendere a riferimento la relazione che l’Università dell’Insubria aveva prodotto in collaborazione con l’Ersaf: il Tar l’aveva già definita «soltanto provvisoriamente idonea» perché, «incompleta e insufficiente», si limitava ai soli valichi già identificati.
Il numero dei valichi da sottoporre a protezione potrà ridursi solo se uno studio scientifico «effettuato da un organismo qualificato» attesterà l’assenza di «un effettivo passaggio» di uccelli migratori; peraltro sarà necessaria «un’interlocuzione con le associazioni ambientaliste».
La Federcaccia: notizia devastante, intervengano Regione e governo
Per la Federcaccia, che chiede alla Regione Lombardia di ricorre immediatamente al Consiglio di Stato e al governo di intervenire con urgenza, la notizia «è devastante»: tutti i cacciatori la percepiscono «come una grave ingiustizia»; ed è alta la preoccupazione «per il futuro delle forme di caccia tradizionali, che rischiano d’essere seriamente compromesse da questa decisione drastica».
Nel momento in cui il territorio è alle prese con la peste suina africana, chiude la Federcaccia, «appare paradossale e dannoso vietare la caccia in decine di migliaia di ettari».
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