Come funziona un red dot, o punto rosso, e quali sono i suoi vantaggi nella caccia collettiva al cinghiale?
Negli ultimi anni la caccia collettiva al cinghiale ha fatto registrare un progressivo ammodernamento dell’attrezzatura: alla sostituzione dei fucili con le carabine (semiautomatiche, straight-pull, a leva e in qualche caso anche a pompa) è seguito un processo analogo per i dispositivi di mira.
Dunque dalle tacche di mira metalliche si è passati rapidamente alle ottiche e in particolare al red dot, o punto rosso, il cui impiego e i cui vantaggi Marco Caimi descrive nell’ultimo video della Caccia Magazine Academy; oltre che incorporato in questo video, lo trovate sul canale YouTube di Caccia Magazine: conviene iscriversi e cliccare sull’icona della campana, così da ricevere una notifica a ogni nuova pubblicazione.
Rispetto alle mire tradizionali, spiega Caimi, il red dot ha un vantaggio evidente: facilita il puntamento perché consente di concentrarsi su un punto in meno. Invece di tre diversi piani focali (tacca-mirino-bersaglio), che l’occhio umano non può mettere a fuoco contemporaneamente, se ne possono considerare soltanto due: è sufficiente infatti piazzare il punto rosso (il dispositivo lo proietta su una lente progettata per riflettere solo alcune frequenze di luce) sul bersaglio, e sparare.
Il red dot è più vantaggioso anche dei cannocchiali tradizionali: non si dà una specifica estrazione pupillare, e dunque lo si può tenere a qualsiasi distanza dall’occhio; e non si verificano errori di parallasse: anche se non si è correttamente allineati, il punto rosso coinciderà esattamente col punto colpito dal proiettile.
Promemoria: col red dot bisogna sparare con entrambi gli occhi aperti; e Caimi spiega perché la binocularità della visione sia un vantaggio anche a caccia, e anche per chi non è abituato.
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