Controllo del colombaccio in Emilia Romagna, scontro Mammi-Sparvoli

Controllo del colombaccio in Emilia Romagna, scontro Mammi-Sparvoli
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Sul piano di controllo del colombaccio resta alta la tensione tra la Regione Emilia Romagna e la Libera Caccia, rappresentate rispettivamente dall’assessore Alessio Mammi e dal presidente nazionale Paolo Sparvoli.

Uno si dice dispiaciuto degli «scontri pretestuosi» che «portano a impiegare inutilmente tempo e risorse», l’altro replica chiedendogli, «curiosità legittima che potrebbero condividere anche molti dei loro associati», quali sono le associazioni venatorie con le quali la Regione si sta confrontando «con spirito costruttivo, e quali le basi»: dopo l’ordinanza del Tar, sul piano di controllo del colombaccio resta alta la tensione tra la Regione Emilia Romagna e la Libera Caccia, rappresentate rispettivamente dall’assessore Alessio Mammi e dal presidente nazionale Paolo Sparvoli.

Mammi ricorda che l’obiettivo del piano «non è la riduzione numerica della specie», ma la difesa del lavoro degli agricoltori, e che l’Ispra non ha mosso obiezioni sugli eventuali rischi per la conservazione della specie «a livello regionale, nazionale ed europeo».

L’Emilia Romagna, ribadisce Mammi, resta «aperta al confronto», tanto che sta dialogando «con le associazioni venatorie che in queste settimane hanno presentato proposte costruttive»; invece la scelta della Libera Caccia, che ha intenzione di appellarsi al Consiglio di Stato, «non aiuta il mondo venatorio, ma crea solo contrapposizione fra chi vive dell’attività agricola e chi pratica la caccia, quando invece» tra questi due mondi «sarebbero utili maggiore collaborazione e convergenza».

La replica di Sparvoli

Sparvoli si difende e contrattacca contestando i due punti chiave della dichiarazione di Mammi: la presunta «sacralità scientifica del parere dell’Ispra» e l’idea che la Libera Caccia si stia dedicando «a un’operazione di destabilizzazione».

Per Sparvoli, infatti, il parere dell’Ispra «è più politico che scientifico»; e la Libera Caccia si sta muovendo spinta soltanto «dal desiderio di mantenere fede ai propri impegni statutari di sindacato dei cacciatori italiani».

Nel ricorso contro il piano, che tra aprile e metà settembre dispone l’abbattimento di 11.000 colombacci l’anno per cinque anni, «non ci sono secondi fini», né desiderio «di alimentare scontri pretestuosi con le altre associazioni o con il mondo agricolo, con il quale condividiamo moltissime [idee]»: semplicemente, Sparvoli ritiene che la Regione avrebbe potuto prendere una strada «diversa e meno crudele», che sarebbe potuta passare dall’aumento del carniere venatorio. Accertamenti seri, si chiude la nota, avrebbero dimostrato che il problema vero sono i piccioni, non certo i colombacci.

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