Caccia sociale, caccia privata e riserve: il commento

Caccia sociale, caccia privata e riserve il commento
Niccolò Sacchetti (a sinistra), presidente di Agrivenatoria biodiversitalia

Creare sinergie per fare sistema: si può sintetizzare con questa formula quanto emerso dal convegno Coldiretti, Fondazione Una, Federparchi e Agrivenatoria biodiversitalia, dopo il quale s’è molto discusso di caccia sociale, caccia privata e ruolo delle riserve in Italia.

Prove tecniche di collaborazione. Il centro congressi di palazzo Rospigliosi a Roma è stato scelto per tenere a battesimo un’iniziativa che potrebbe generare interessanti novità e profondi cambiamenti nel modo di praticare e di intendere la caccia. A Roma sono state gettate le basi e il percorso si prospetta lungo e per nulla semplice, ma è stato importante iniziare, anche per lanciare un messaggio alle istituzioni governative e regionali, e al mondo della caccia nelle sue tante componenti.

L‘incontro è ruotato intorno alla nascita di Ab Agrivenatoria biodiversitalia, nuovo soggetto alla cui nascita hanno contribuito Cncn (Comitato nazionale caccia e natura) e Coldiretti, vale a dire gli operatori del settore e i produttori di armi e munizioni rappresentati da Anpam (Cncn) e quello degli agricoltori (Coldiretti), entrambi intimamente collegati con l’attività venatoria.

La nascita di Ab nel luglio scorso ha creato più di una tensione: alcune associazioni di cacciatori non hanno esitato a scagliarsi contro la nuova creatura. Anche per questo motivo il convegno organizzato a Roma assume un connotato importante: dopo le turbolenze iniziali, è stata l‘occasione per far incontrare pubblicamente i rappresentanti di Ab e i soggetti pronti a collaborare e a riempire di contenuti una scatola che non può permettersi di restare vuota. Intorno allo stesso tavolo Coldiretti, Fondazione Una, Federparchi e il ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare rappresentato dallo stesso ministro Francesco Lollobrigida. Il confronto sullo stato del territorio agrosilvopastorale ha portato anche a mettere a fuoco il potenziale della tutela della biodiversità e il ruolo centrale che potrebbe e dovrebbe avere il cacciatore.

Caccia sociale, caccia privata e riserve: la gallery fotografica del convegno di Roma

Cinque punti fondamentali

Dopo l’apertura dei lavori caratterizzata dagli interventi dei rappresentanti di Coldiretti (il presidente nazionale, Ettore Prandini, e il segretario generale, Vincenzo Gesmundo), del presidente di Federparchi Giampiero Sammuri, del presidente di Fondazione Una e Cncn Maurizio Zipponi, del presidente di Ab Niccolò Sacchetti e del ministro Lollobrigida, che ha ancora una volta confermato il suo interesse e la sua disponibilità su un tema politicamente delicato qual è la caccia, nella seconda parte del convegno sono stati affrontati argomenti che costituiscono la base del percorso proposto da Ab.

Sono cinque i punti fondamentali: chiedere alle istituzioni che agli istituti faunistici di carattere privato, che sono poi le aziende faunistiche e agrituristiche venatorie, sia riconosciuto lo status di attività agricola; ottenere il rinnovo automatico delle concessioni, per non correre più il rischio di essere ostaggio della burocrazia degli uffici regionali; consentire all‘interno delle aziende faunistiche la raccolta di frutti spontanei del sottobosco come erbe, funghi, tartufi e asparagi; favorire l‘arrivo in Italia di cacciatori anche dall´estero; ultimo punto, ma non per importanza soprattutto per i cacciatori, creare una filiera alimentare sostenibile, seguendo l‘esempio di quelle regioni, come la Lombardia, in cui questo progetto è già in fase avanzata.

Un sistema da migliorare

Il progetto punta dunque alla valorizzazione del potenziale già presente, ma migliorabile, o da creare ex novo, all’interno delle aziende faunistico-venatorie. Se i concessionari potessero contare su più punti fermi, sarebbero più portati a investire nel medio-lungo periodo, trasformando le riserve di caccia in vere e proprie imprese, con ricadute positive sul territorio e sull‘economia. Una visione lungimirante porterebbe anche a una migliore gestione della fauna selvatica, in particolar modo della piccola selvaggina stanziale e degli ungulati, a vantaggio di tutto il mondo venatorio. E non solo.

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