Caccia di selezione al capriolo: i criteri del prelievo

Caccia di selezione al capriolo
© Valerio Nicolucci

Per predisporre un piano per la caccia di selezione al capriolo è necessario partire dall’obiettivo gestionale prefissato.

La caccia di selezione al capriolo costituisce un’interferenza in grado di modificare composizione e struttura della popolazione, con ripercussioni anche a lungo termine. Quindi il prelievo deve essere svolto secondo modalità che, oltre ad assicurarne la sostenibilità, mettano in sicurezza i processi di selezione naturale in atto; si limitano così le interferenze nel processo evolutivo delle popolazioni. Pertanto una corretta ripartizione degli abbattimenti nelle diverse classi di sesso ed età, che rappresentano la struttura di una popolazione naturale, diventa un imperativo irrinunciabile.

Alla base della caccia di selezione al capriolo vi è una serie di aspetti dipendenti dalle caratteristiche ambientali, biologiche e comportamentali della specie:

  • caratteristiche e produttività del territorio di intervento;
  • classi di sesso e d’età;
  • quantità degli animali da prelevare, totali e distinti per classe;
  • periodo degli interventi;
  • tecnica di prelievo utilizzata.

Nel predisporre qualunque piano di abbattimento il primo aspetto da tenere in considerazione è l’obiettivo gestionale prefissato: mantenimento, incremento, decremento. A seconda dell’indirizzo, il prelievo risulterà maggiore o minore e andrà a interessare in modo diverso le diverse classi sociali, anche se in ogni caso dovrà rispettare la struttura naturale della popolazione.

Principi chiari per la caccia di selezione al capriolo

La caccia di selezione al capriolo deve quindi:

  • risultare indirizzata alla sola specie bersaglio senza arrecare disturbo alle altre specie;
  • consentire il raggiungimento e mantenimento di densità animali ottimali in relazione alle caratteristiche del territorio e della specie;
  • consentire il mantenimento del naturale rapporto tra sessi (sex ratio) e tra classi d’età;
  • consentire la protezione delle classi riproduttive (fatto salvo il caso in cui l’obiettivo sia il decremento della specie; deve dunque risultare maggiore nei confronti delle classi giovani sulle quali opera già la selezione naturale);
  • garantire al cacciatore la possibilità di scelta dell’animale assegnato da abbattere, pur con la precisazione che la selezione basata sulle caratteristiche morfologiche o comportamentali dei singoli individui è quasi sempre velleitaria o arbitraria;
  • consentire l’effettuazione del prelievo in un arco temporale il più ampio possibile (senza causare impatto alle altre componenti faunistiche e ambientali) a seconda della classe sociale interessata;
  • evitare inutili stress e sofferenze all’animale e, nello stesso tempo, garantire il mantenimento di caratteristiche organolettiche ottimali alla carne prodotta.

La gestione venatoria del capriolo deve essere quindi indirizzata alle singole popolazioni faunistiche, tenendo conto delle esigenze biologiche ed ecologiche della specie. In ogni caso dovrà essere attuata sulla base di un programma di azioni e di interventi almeno quinquennale, finalizzato al raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Un’accurata analisi ambientale

Lo scopo principale di qualunque piano di abbattimento è raggiungere o mantenere densità ottimali sia per la biologia della specie (densità biologica), sia per la sostenibilità ambientale (densità agroforestale). La densità ottimale varia a seconda delle caratteristiche e dell’utilizzo del territorio, ma anche del tipo di specie oggetto di gestione; l’impatto arrecato dal capriolo è indubbiamente minore rispetto a quello del cervo o del cinghiale.

Annualmente ogni popolazione si accresce con una velocità legata a numerosi fattori, sia biologici sia ambientali. Tale parametro, conosciuto come incremento utile annuo e corrispondente alla differenza tra tasso di natalità e tasso di mortalità, viene misurato al termine dell’inverno, così da ricomprendere la mortalità invernale sugli esemplari del primo anno di vita. Il tasso di natalità e quello di mortalità sono parametri strettamente legati alla biologia della specie; dipendono infatti dalla fecondità (numero di nati per parto, che nel caso del capriolo è generalmente di uno al primo anno e di due negli anni successivi) e dalla sopravvivenza (durata della vita che nel capriolo può arrivare anche a 18 anni nelle femmine e a 15 nei maschi).

Uno degli obiettivi del piano di prelievo resta il massimo rendimento possibile con il minimo sforzo gestionale richiesto. In una popolazione in equilibrio, gli abbattimenti dovrebbero riguardare solo gli interessi (incremento utile annuo) lasciando inalterato il capitale. La gestione del capriolo non può quindi prescindere da un’accurata analisi ambientale che avrà come obiettivo individuare gli elementi di forza e di debolezza; così si può calibrare l’eventuale piano di prelievo. La caccia diventa pertanto una forma di gestione della specie al pari della protezione, purché venga praticata sulla base di regole rigorose.

Quanti e quali prelievi?

Il numero totale degli animali da prelevare non costituisce l’unico parametro contenuto in un piano di abbattimento. Questo valore deve infatti essere integrato con quello relativo al numero di maschi e di femmine, di piccoli, giovani, subadulti e adulti. In natura il numero di maschi è uguale (o quasi) a quello delle femmine e quindi il prelievo dovrà essere rispettare tale proporzione; la stessa regola vale per il mantenimento del rapporto naturale tra classi di età.

La ripartizione in classi di sesso e di età deve rispettare sinteticamente la famosa regola dei quattro quarti. Dividendo la popolazione) in quattro parti uguali, una parte (25%) riguarderà gli esemplari maschi piccoli e giovani, un’altra parte (25%) le femmine piccole e giovani, la terza parte i maschi di classe II e superiori (sub-adulti e adulti) e l’ultima parte le femmine di classe II e superiori.

Per la ripartizione per sesso è sempre consigliabile prelevare secondo il rapporto di 1:1, con una leggera preponderanza eventualmente verso le femmine nelle specie poliginiche (il maschio si accoppia con più femmine) come il capriolo. Se l’obiettivo è un incremento della specie, il prelievo sarà indirizzato alle classi giovani (0 e I); se l’obiettivo è invece il contenimento della specie, dovrà essere privilegiato il prelievo delle femmine.

Ripartizione del prelievo del capriolo in classi di sesso ed etàCaccia di selezione al capriolo: attenzione ai tempi

Un ulteriore aspetto da tenere in considerazione è il rispetto delle classi riproduttive, soprattutto quando l’obiettivo gestionale è l’incremento della specie. In tal caso gli abbattimenti andranno indirizzati verso le classi giovani e senior nei confronti delle quali già interviene la selezione naturale. I tempi del prelievo devono naturalmente basarsi su elementi legati sia alla biologia della specie, sia alle caratteristiche dell’ambiente ove si intende intervenire; si deve cercare di ottimizzare le esigenze determinate dalle diverse fasi biologiche e comportamentali con quelle di carattere pratico-operativo che mirano a ottenere il miglior risultato possibile.

La determinazione dei periodi di prelievo deve tenere assolutamente conto di alcuni elementi di criticità legati all’abbattimento dei maschi riproduttori durante il periodo degli amori e in quello immediatamente precedente. Le specie poliginiche come il capriolo risentono molto del prelievo dei maschi nel periodo degli accoppiamenti, soprattutto quando gli abbattimenti sono numerosi e localizzati. Risulta pertanto preferibile non attuare alcun prelievo durante il periodo degli accoppiamenti, per garantire la necessaria tranquillità durante questa delicata fase del ciclo biologico annuale.

Tra l’altro anche l’abitudine di evitare l’abbattimento delle femmine a favore dei maschi risulta biologicamente scorretta, poiché può comportare la mancata copertura delle femmina a causa del ridotto numero di maschi. È una condizione estremamente negativa: a differenza delle altre specie, le femmine di capriolo non vanno in estro una seconda volta. E quindi se non vengono coperte quell’anno non si riproducono. La programmazione dei prelievi delle femmine deve invece tutelare le fasi dei parti, dell’allattamento e di dipendenza dei nuovi nati. L’abbattimento delle femmine in questi periodi può infatti mettere a rischio la sopravvivenza dei piccoli; ne deriva il pericolo di introdurre una fonte di mortalità aggiuntiva.

Quando limitare la caccia di selezione al capriolo?

Il prelievo venatorio dei maschi del capriolo deve essere sospeso anche nel periodo di caduta e di ricrescita dei palchi. In questo frangente viene infatti a mancare un elemento molto fondamentale per determinare l’età dell’animale; l’errore di valutazione potrebbe essere facile. Bisogna inoltre rilevare il ridotto interesse venatorio nei confronti dei maschi privi di palchi o con palco in velluto. Soprattutto sulle Alpi, i tempi di prelievo sono legati alle condizioni ambientali, che in molti casi possono limitare fortemente l’accessibilità delle aree di caccia a partire già dalla metà di dicembre. Proprio per questo motivo nelle zone alpine il prelievo del capriolo non si prolunga oltre metà dicembre; invece nella zona prealpina e appenninica almeno per i cervidi viene posticipato sino a metà marzo.

Il prelievo primaverile-estivo (metà giugno-metà luglio) del capriolo giovane di un anno d’età viene limitato al solo maschio, a differenza che in passato quando era indirizzato anche alle femmine giovani e già a partire da maggio sino a tutto giugno. L’esclusione della femmina giovane è dovuta alla possibilità di errore di valutazione con la femmina adulta che a giugno potrebbe avere appena partorito o essere ancora gravida. Il maschio di un anno in questo periodo è invece facilmente distinguibile dalla femmina per il possesso del trofeo, talvolta ancora in velluto.

Le quattro regole d’oro per la caccia di selezione al capriolo

Le regole cui attenersi nella previsione del piano di abbattimento del capriolo sono quattro, cui aggiungerne poi un’altra che riguarda l’obiettivo gestionale da perseguire (riduzione, mantenimento, incremento della specie). Questi obiettivi sono naturalmente legati alla densità presente, tenendo conto anche della necessità di fissare una densità minima sotto la quale non è opportuno effettuare alcun abbattimento.

Prima regola

Bisogna adeguare la densità animale alle risorse dell’ambiente; a seconda della tipologia ambientale presente si hanno densità diverse. Nei boschi di latifoglie, caratterizzati da suolo fertile, numerose radure, popolamenti forestali soggetti a tagli differenziati e sottobosco ben sviluppato sotto gli alberi di alto fusto, a fine inverno, prima delle nascite, sono possibili densità superiori a quindici caprioli (fino a 35) ogni 100 ettari. Nei boschi misti con predominanza di latifoglie, caratterizzati da suolo di fertilità media, presenza di fustaie o ceduo sotto gli alberi di alto fusto e da foreste fitte, omogenee ed estese, la densità varia invece da sei a dieci caprioli ogni 100 ettari. Infine nei boschi di resinose, caratterizzati da suolo povero, presenza di boschi estesi di conifere e innevamento notevole, la densità oscilla da due a quattro caprioli ogni 100 ettari.

L’Ispra indica in cinque caprioli ogni 100 ettari il valore di densità sotto la quale non è opportuno effettuare abbattimenti; in presenza di densità variabili da cinque a quindici caprioli ogni 100 ettari il prelievo dovrebbe invece risultare uguale o inferiore al 10% della consistenza rilevata; con densità tra quindici e venti caprioli per 100 ettari il prelievo dovrebbe risultare uguale o inferiore al 15% della consistenza; al 18% con densità di venti-venticinque caprioli ogni 100 ettari; al 20% con densità superiori a venticinque caprioli ogni 100 ettari. Questo indirizzo si ritiene valido solo per le aree appenniniche dell’Italia centrale; mentre invece sulle Alpi trova difficile applicazione a causa delle densità notevolmente inferiori per via delle condizioni climatiche e ambientali più difficili.

Seconda regola

Quando la popolazione è in equilibrio con l’ambiente, bisogna adeguare il prelievo all’incremento. Per mantenere la popolazione alla densità rilevata è necessario prelevare solo l’incremento utile annuo, che nel capriolo oscilla tra il 35 e il 40% della consistenza di popolazione, lasciando inalterato il capitale. Su una popolazione di 100 esemplari (50 femmine + 50 maschi) si possono prelevarne annualmente solo 35, divisi equamente tra maschi e femmine, in modo da conservarne sempre 100 (50 femmine + 50 maschi).

Terza regola

Bisogna effettuare un prelievo equilibrato tra i sessi. In presenza di una popolazione di 100 caprioli, il prelievo andrà indirizzato su 34-35 esemplari, di cui 17 maschi e 17 femmine, loro volta saranno ripartiti nelle diverse classi di età (quarta regola). In natura il rapporto tra i sessi nel capriolo è prossimo alla parità; pertanto è opportuno strutturare il prelievo con l’obiettivo di mantenerlo. Nei casi invece in cui l’obiettivo sia rappresentato dalla riduzione della popolazione, sarà necessario incidere maggiormente sulle femmine, applicando per esse un piano di prelievo più elevato. Qualora si voglia incrementare la specie, sarà opportuno incidere maggiormente sulle classi giovanili (animali dell’anno e di un anno compiuto), lasciando pressoché inalterato il contingente delle femmine riproduttive e applicando un tasso di prelievo complessivamente ridotto e inferiore al tasso di incremento della popolazione stessa.

Quarta regola

Bisogna effettuare un prelievo ben ripartito per classi di età, abbattendo prevalentemente i giovani e i vecchi e lasciando che gli adulti si riproducano. Oltre a indicare il numero di maschi e di femmine da prelevare, qualunque piano di abbattimento deve fissare per ogni classe di sesso il numero di piccoli, giovani e adulti. Tra l’altro, in alcuni casi il prelievo del maschio giovane può essere effettuato anche nel periodo tardo-primaverile, quando normalmente non sono stati ancora elaborati i dati dei censimenti. Si fissa quale anticipo un contingente pari al 20% dei caprioli abbattuti nella stagione venatoria precedente; in fase di predisposizione del piano definitivo bisognerà prevedere le relative integrazioni per il periodo successivo.

L’articolo completo è disponibile su Caccia Magazine ottobre 2021, in edicola. Scopri tutti i contenuti, le news e gli altri approfondimenti sulla caccia sul portale web di Caccia Magazine.