Il Fatto Quotidiano contesta l’impostazione del piano faunistico-venatorio della Toscana, nel quale rintraccia lo spirito con cui il centrodestra intende riformare la legge nazionale sulla caccia.
Più che per l’analisi, legittima quanto contestabile, l’articolo (lo firma Alberto Marzocchi, che di legge e di caccia scrive spesso) con cui Il Fatto Quotidiano contesta il piano faunistico-venatorio che, rinnovato, il consiglio regionale della Toscana inizierà a esaminare nelle prossime sedute è interessante per una ragione politica: della nuova maggioranza a sostegno d’Eugenio Giani, rieletto un mese fa, fa parte anche il Movimento 5 Stelle, la sensibilità della cui base elettorale spesso Il Fatto intercetta.
Nella coalizione al governo della Toscana ora c’è anche l’Alleanza Verdi-Sinistra, ed è probabile che la solidità del cosiddetto campo largo progressista si debba misurare subito: il Fatto ritiene che la bozza del piano (per presentare le proprie osservazioni cittadini e associazioni avevano tempo fino a venerdì scorso) «anticipi lo spirito del ddl Malan», quello con cui il centrodestra intende riformare la legge 157/92, consentendo la caccia «tutto l’anno, [mettendo] nel mirino specie a forte rischio estinzione, [definendo] i cacciatori come protettori della biodiversità, e [non prevedendo] un metro quadrato di più per le aree protette».
Il piano, si legge sul Fatto, subordina la fauna selvatica al profitto, e dunque «la tutela ambientale agli interessi economici», con un’operazione «politico-culturale identica a quella del centrodestra»: tra i punti critici Marzocchi identifica la mancata riduzione dei 12.000 appostamenti fissi di caccia, e la classificazione di «tutte le aree, anche quelle in cui l’agricoltura non è presente, come potenzialmente agricole», nelle quali dunque estendere le possibilità venatorie.
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