Una e Ab si confrontano sul regolamento europeo per il ripristino degli ambienti naturali

Una e Ab si confrontano sul regolamento europeo per il ripristino degli ambienti naturali: dall'alto, agricoltore coltiva campo con trattore
© Saverio Blasi / shutterstock

Fondazione Una e Agrivenatoria biodiversitalia hanno organizzato un tavolo di confronto sull’applicazione del Nature restoration law, il regolamento europeo sul ripristino degli ambienti naturali.

Ogni euro investito nel ripristino degli ecosistemi naturali può generare un ritorno fino a venti volte superiore se lo si calcola in termini di tutela della biodiversità, difesa dai rischi climatici, valorizzazione delle aree interne; e l’obiettivo è raggiungibile se si coinvolge chi gestisce attivamente il territorio, dagli agricoltori ai cacciatori: è uno degli spunti emersi dal tavolo di confronto convocato da Fondazione Una e Agrivenatoria biodiversitalia, l’associazione dei riservisti nata dalla collaborazione tra Cncn e Coldiretti, per discutere delle modalità d’applicazione del regolamento europeo Nature restoration law.

Nella medesima occasione, palazzo Rospigliosi la sede, Una e Ab hanno presentato in anteprima il libro «Ripristino della natura e rigenerazione territoriale».

«Il ripristino degli ambienti naturali non può prescindere da un approccio scientifico e multidisciplinare» nota Maurizio Zipponi, presidente della Fondazione Una, «che sappia coniugare le esigenze di tutela ambientale con le necessità del territorio e delle comunità locali». La Fondazione Una ha l’obiettivo dichiarato di «contribuire a definire un quadro interpretativo che favorisca un’applicazione efficace e condivisa del regolamento europeo», promuovendo «un dialogo costruttivo tra tutte le parti interessate e valorizzando l’importanza [della caccia] come strumento imprescindibile per la gestione degli equilibri naturali».

Per Niccolò Sacchetti, presidente di Ab, «gli istituti faunistici privati, che [sulla base di] competenze ecologiche gestiscono attivamente territori vasti, sono attori chiave nel processo» di ripristino degli habitat; «è essenziale che le istituzioni [promuovano] il loro riconoscimento [come Other effective area-based conservation measures], fondamentale per valorizzare il loro contributo alla biodiversità e, sbloccando incentivi e finanziamenti, integrare le loro pratiche nei piani nazionali di conservazione». Le aziende, infatti, «possono contribuire significativamente al ripristino di ecosistemi agricoli e forestali, all’aumento degli impollinatori, alla gestione della fauna e al monitoraggio dei dati».

Coldiretti: agricoltori centrali

Ettore Prandini, presidente nazionale della Coldiretti, chiede una sterzata alle istituzioni europee: «Il ripristino della natura è un obiettivo condivisibile» ha detto «ma non può tradursi in nuove follie green che mettono a rischio la sovranità alimentare e il reddito degli agricoltori, veri custodi del territorio e della biodiversità, non un ostacolo alle politiche ambientali».

Approvato poco più di un anno fa, il Nature restoration law fissa al 2030 la scadenza per il ripristino di almeno il 20% degli ecosistemi naturali, e al 2050 quella per completare il piano. Fondazione Una e Ab stanno lavorando, si apprende dalla nota congiunta, per «consolidare un’interpretazione condivisa, che tenga conto delle necessità [ambientali] nel rispetto degli interessi delle parti coinvolte».

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