Caccia con il cane da ferma: setter e starne un matrimonio indissolubile

setter e starne

Setter e starne: un matrimonio indissolubile? Pare proprio di sì. La starna e il setter (meglio, il cane da ferma in generale) sono ancora oggi i principali attori di uno degli spettacoli più coinvolgenti che appassionano i cacciatori cinofili

È innegabile che la starna sia il selvatico principale sul quale il setter inglese è stato selezionato nel corso dei secoli ed è innegabile che molte delle peculiarità di questo splendido cane da ferma vengano “testate” su questo animale, poiché per caratteristiche e per conformazione orografica dei terreni ove vive riesce a esaltare le più importanti e appariscenti qualità del setter. Ragion per cui, senza nulla togliere al bosco e alle beccacce o alla montagna e alle coturnici o agli altopiani e alle quaglie, la starna selvatica costituisce il primo vero e importante banco di prova per un soggetto da avviare all’attività venatoria. E costituisce un fondamentale banco di prova anche per un serio e consapevole percorso di selezione zootecnica. La psiche, il movimento, la presa di punto, la ferma, la guidata e anche il consenso sono tutte peculiarità che vengono esaltate e manifestate, senza ombra di dubbio, nei terreni ove è possibile allenare o cacciare su brigate di starne autentiche. Ecco perché spesso per altre altre forme di caccia, come ad esempio per quella in bosco, si parla di un adattamento della razza a quel terreno e a quel particolare selvatico.

È pur vero che il setter è ritenuto un cane da ferma e quindi un ausiliare polivalente, in grado di adattarsi a tutti i terreni e a tutti i selvatici, ma allo stesso tempo è altrettanto vero che le sue principali qualità, sin dai tempi antichi, sono state testate in terreni ove vivono le starne. Questo passaggio risulta fondamentale per capire che la polivalenza e l’adattamento sono qualità importanti della razza e soprattutto di alcuni soggetti, ma non costituiscono la regola o addirittura un riferimento per identificare uno standard di lavoro.

Queste affermazioni possono sembrare banali o superflue a un cacciatore poco attento a quelle che sono le sfumature (fondamentali, invece, per migliorare la qualità della razza e le soddisfazioni venatorie) del lavoro svolto dal proprio cane. E così, come si suol dire dalle mie parti, si bada più a “far cassetta” che a valutare in modo critico il lavoro di un soggetto. Questo atteggiamento di una parte dei cacciatori non deve però scoraggiare chi ha il compito di selezionare e migliorare la razza e il compito di quei cacciatori e di quei cinofili che devono testare e giudicare al meglio le qualità di un ausiliare sul terreno. Ecco quindi che la starna assurge a una sorta di sentinella dello stato di salute della razza stessa e diventa anche un selvatico in grado di regalare emozioni cinofile (nelle prove) e venatorie.

Una critica costruttiva

Cito brevemente la cinofilia agonistica per esprimere un mio personale parere su due punti che sono fondamentali e che vanno a influire direttamente anche in questioni più strettamente venatorie. Il primo pensiero è quello di indirizzare una critica costruttiva a tutto il mondo della cinofilia per avere eletto palcoscenici “stranieri” a palestre per la formazione di giovani soggetti e per aver avallato in silenzio il fatto che questi palcoscenici costituiscano gli unici luoghi ove vengano organizzate prove su selvaggina autentica. Forse un impegno più convinto e interessato della cinofilia, magari in collaborazione con tutto il mondo venatorio, poteva portare a ricostruire e riabilitare luoghi e prove che hanno fatto la storia del setter inglese in Italia e che hanno costituito un fondamentale serbatoio per l’utilizzo venatorio (che comunque ha avuto la colpa di abbandonarsi in atteggiamenti poco conservativi di un tale patrimonio faunistico).

Il secondo appunto che vorrei muovere al mondo della cinofilia è quello di aver disperso, pur lavorando su selvaggina autentica come ad esempio le starne serbe, un patrimonio genetico che conservava nel setter qualità e caratteristiche utili sia alle prove, sia alla caccia. L’accertamento, l’esplorazione ragionata del terreno, la guidata e spesso anche il contatto con questo selvatico sono stati “quasi” immolati sull’altare della prestazione che oggi bada più a riempire l’occhio per lo “strapotere fisico” del soggetto piuttosto che per quel suo tipico “viaggiare” attaccato al naso. Ecco, la possibilità di poter usufruire in scenari esteri, che purtroppo in Italia sono quasi svaniti, di un selvatico come la starna dovrebbe essere sfruttata per mantenere quelle caratteristiche tipiche della razza che da sempre sono state il trait d’union tra le prove e la caccia, e che oggi invece sono quasi completamente sbilanciate verso le prove.

La prestazione sta spesso “dilapitando” un patrimonio costruito nei secoli e mantenuto cacciando starne nelle colline, nelle brughiere o in montagna. E di riflesso il mondo venatorio non sta aiutando la razza e il cacciatore che bada alle qualità del proprio setter e a mantenere viva la fiamma di una selezione vera fatta su selvatici autentici.

Oggi in Italia è quasi una chimera cacciare starne native mentre diventa una sorta di corsa all’Eldorado quella che avviene a ogni apertura su starne da “pollaio” offerte in pasto al cacciatore che purtroppo esterna la sua vena “cicciorala” per soddisfare un istinto e accaparrare l’adrenalina del “numero” utile ad arrivare ai primi di novembre per tuffarsi nel bosco.

Da appassionato allevatore di setter Inglesi, da amante folle della caccia alla regina del bosco e da cacciatore convinto, ma allo stesso tempo da cinofilo, mi sento di dire, cari amici e cari colleghi cacciatori che utilizzate il setter inglese, che ci stanno riducendo ad adattare “forzatamente” la razza al bosco e ci stanno impedendo di godere di una caccia “storica” e autentica che ha da sempre avuto un riflesso zootecnico che ci ha consegnato molti dei grandi setter attuali.

Setter e starne: perché è un legame che non si può sciogliere

Fatta questa rapida ma importante premessa, vado ad analizzare gli aspetti per cui la starna è fondamentale nella preparazione e nella crescita venatoria di un cucciolone, e anche nella valutazione definitiva di un adulto. E di conseguenza andrò anche ad analizzare i danni (e gli eventuali rimedi) che la perdita di certi ambienti vocati per questo selvatico ha causato alla selezione del setter inglese.

Vista la situazione attuale la domanda sorge spontanea: quale selvatico può sostituire la starna in questo percorso di preparazione di un soggetto e di miglioramento della razza? La Perdix perdix per le sue caratteristiche, abitudini e per gli ambienti in cui abitualmente vive è un selvatico fondamentale nella crescita di un giovane soggetto. Già il solo fatto di vivere la maggior parte dell’anno in brigata offre un aspetto psicologico importante nell’innescare la molla che manifesterà poi le qualità del soggetto. Lo shock di adrenalina che provoca l’effluvio lasciato da una brigata e soprattutto lo shock emotivo del frullo della brigata stessa possono innescare meccanismi fino a quel momento nascosti in un giovane e trasformarlo di colpo. Seppur importante, questo è forse il più elementare e banale degli elementi da valutare per stabilirne l’importanza zootecnica e venatoria. Avete avuto mai il piacere di assistere a questa scena alla prima ferma e al primo incontro del vostro cucciolone con una brigata? La sorpresa iniziale lascia di colpo spazio a una rincorsa a perdifiato fino a perdere di vista il giovane setter, che rientrerà eccitato e quasi animato da uno spirito che fino a quel momento viveva in lui, ma soffocato da “svaghi” e “giochi” a tratti puerili. Ecco, questa molla è fondamentale per la crescita del giovane e per mettere sotto la lente tutta una serie di atteggiamenti e peculiarità che, o letti nello standard di lavoro o toccati con mano su precedenti soggetti, devono essere uno alla volta scoperti e valutati.

Il metodo di cerca

Il primo di questi è il metodo di cerca. La starna è un selvatico che frequenta ambienti aperti, altopiani, colline e spesso anche le zone di media montagna, e offre quindi la possibilità di operare una cerca ampia e continua dove la psiche e la costruzione del cane riescono a dare quel qualcosa in più nel metodo e nella resistenza nel corso di lunghe giornate di caccia o di intense mattinate di allenamento. La conformazione del terreno e una cerca fatta di coraggio e metodo offrono lo spunto per accertamenti che diventano fondamentali per scovare la brigata e ancor più per scovare i singoli animali una volta che una starna si sia isolata dopo il primo volo.

In tutto questo la capacità naturale del soggetto di stare sul vento diventa fondamentale ed è quindi importante valutarne la naturalezza e la continuità di questa dote. Vi è mai capitato di sganciare dei cani giovanissimi e di vederli in modo naturale andare a prendere il vento prima di iniziare la cerca? E allo stesso tempo vi è mai capitato di vedere altri soggetti che lavorano spesso controvento o che non lo sfruttano al meglio? Ecco, questa nella caccia alla starna, in allenamento o in prova, è una caratteristica basilare sulla quale è difficile lavorare. Ci si potrà forse riuscire su un soggetto da prove, ma su un setter da caccia, se questa capacità c’è, si manifesta in maniera naturale, se non c’è “son dolori”.

Quindi il saper lavorare sul vento, la psiche e la prestanza fisica che influiscono direttamente sul lavoro e sulla mentalità di un soggetto nel metodo di cerca e nella presa di terreno sono le fondamenta di un giovane soggetto che vengono collaudate dalla starna. Se queste sono presenti, allora si potrà passare ad analizzare le altre doti che hanno un impatto più evidente per la maggioranza dei cacciatori e che spesso erroneamente sono considerate fondamentali per giudicare e lavorare alla crescita di un soggetto.

La psiche del cane da ferma prima di tutto

Prima di passare ad analizzare le doti naturali che nella pratica diventano utili alla conclusione dell’azione, faccio un piccolo inciso sulla psiche. Questa qualità naturale, spesso difficile da definire con certezza, si manifesta sotto svariate sfaccettature, tanto da essere spesso imperscrutabile da parte di molti. È difficile anche definirla, se non provando a dire che è quel qualcosa che risiede nel cervello di un soggetto e che aggiunge quel qualcosa in più a ognuna delle doti naturali del cane e che allo stesso tempo riesce a sopperire a qualche “deficienza” naturale del soggetto compensandola o mascherandola. Due esempi. La capacità di un soggetto non ben costruito di muoversi da setter e di compensare alcune sue deficienze fisiche. Gli atteggiamenti felini e la furia venatoria in alcuni soggetti che esaltano la cerca e il contatto con il selvatico rispetto ad altri soggetto che pur hanno naturali questi doti. La psiche è questo, quell’essenza setter che si aggiunge e perfeziona le qualità naturali. E quando c’è, anche il giovane la mostra e la starna riesce a manifestarla ed esaltarla più di ogni altro selvatico.

La potenza olfattiva e non solo

Data per certa la presenza di queste doti, che poi risultano importanti anche in altre forme di caccia (il bosco è un discorso a parte perché presenta infinite varianti), nel continuare la crescita e la preparazione di un giovane su questo selvatico, risultano fondamentali la potenza olfattiva, l’equilibrio, la ferma, la guidata e il consenso se si lavora in coppia.

La potenza olfattiva è importante prima di tutto perché permette al soggetto di viaggiare attaccato al naso (blasfemia se lo riferite a qualche cinofilo confuso) e manda stimoli alla sua intelligenza. Questa permette di catturare l’effluvio della presenza di una brigata, permette di discernere tra l’effettiva presenza e la pastura senza eccedere nella sensibilità di naso che spesso porta a ferme in bianco o a ferme su calde senza presenza del selvatico. Proprio perché la starna spesso vive in brigata, questo animale lascia numerose tracce ed emanazioni forti. E se paradossalmente sembrerebbe che la potenza olfattiva non sia utile, vista la consistenza di tale emanazione, effettivamente è fondamentale perché permette prima di tutto di agganciare le starne a distanza e di non farsi troppo sotto alla brigata, rischiando che qualcuna nervosa si involi vanificando l’azione.

E in ultimo permette di valutare e rendere funzionali specialmente alla caccia due doti importantissime. La guidata e l’accostata, che si completeranno con la ferma. Avendo la peculiarità di pedinare e di tentare di sottrarsi con questo espediente, la starna rende possibile perfezionare e migliorare la guidata, e soprattutto forma e testa l’equilibrio di un soggetto che deve saperla tenere alla giusta distanza, seguirla e, dote fondamentale, riuscire anche a indirizzarla con il suo lavoro laddove sia utile alla conclusione della ferma e quindi al tiro.

A tutto questo va aggiunto il consenso che nello svolgimento di un tale lavoro in coppia diventa imprenscindibile per non vanificare l’azione, per lasciare condurre il gioco a chi ha scovato l’emanazione e per coadiuvarlo nello stringere e costringere la brigata in funzione del posizionamento del cacciatore o del conduttore.

Pensiamoci prima che sia tardi

Ecco quindi spiegato velocemente e sinteticamente perché una brigata di starne è fondamentale per la crescita venatoria di un giovane soggetto, per l’allenamento di un cane adulto e per la valutazione complessiva della salute della razza.

Rimane però un ultimo quesito irrisolto e forse irrisolvibile, viste le caratteristiche di questo selvatico e vista la difficoltà di sostituire il suo compito con altri selvatici. Vista la scarsa presenza e quasi totale assenza di starne selvatiche (le uniche ad avere un comportamento autentico e probante) sul nostro territorio, chi può assolvere il loro compito nella crescita, nella preparazione e nella selezione del setter inglese? Mi verrebbe da dire la coturnice in montagna per alcuni aspetti, forse la quaglia in contesti particolari e i fagiani per altre motivazioni, ma in generale probabilmente un sostituto non esiste. Queste però sono analisi che andrebbero fatte selvatico per selvatico ed entrando nello specifico di aspetti più precipui. Se invece parliamo dell’interezza dell’utilità della starna, allora mi viene da rivolgere un accorato appello a chi è preposto alla conservazione e alla reintroduzione della stessa sul territorio Italiano. Prima che sia tardi per il bene della starna, del setter inglese e di altre razze da ferma, e di una delle più tipiche e belle tipologie di caccia che fa parte del patrimonio storico-venatorio italiano, sediamoci a un tavolo e lavoriamo a un progetto serio. Qualcosa si sta già facendo al Mezzano (e ne parleremo su queste pagine), là dove si sono misurati su selvatici autentici i grandi setter del passato che sono i pilastri su cui poggiano nostri soggetti attuali.