Lupo, volpe e piccola selvaggina

Lupo, volpe e piccola selvaggina

Il lupo e la volpe sono due predatori che vivono gomito a gomito in buona parte dell’Italia. Ciascuno dei due è oggetto di numerosi studi, ma rimangono ancora poco indagati i rapporti che intercorrono tra questi due carnivori. Proviamo a fare il punto anche sui riflessi che questi possono avere sulla piccola selvaggina.

Le relazioni tra i predatori (lupo e volpe in primis) sono un argomento quanto mai complesso e con risvolti talvolta impensabili. Il lupo e la volpe, pur appartenendo alla medesima famiglia, i canidi, sono due carnivori per molti aspetti diversi. Differente, ad esempio, è il ruolo che le due specie giocano nell’ambiente naturale.

Il lupo è un superpredatore, cioè un animale che si colloca all’apice della catena alimentare. La volpe invece è un predatore che occupa una posizione intermedia, per così dire a mezza strada tra il lupo e le prede. Di conseguenza niente vieta che la volpe stessa possa svolgere, suo malgrado, il ruolo della preda e finire in bocca al lupo, possibilità peraltro concretamente constatata in uno studio condotto alla fine degli anni Ottanta in un’area dell’Appennino settentrionale. E se si pensa a quanti cani vengono oggi predati dai lupi nelle campagne italiane, tenuto conto che anche i cosiddetti amici dell’uomo appartengono a pieno titolo alla medesima famiglia, è lecito chiedersi quale possa essere l’entità della predazione del lupo nei confronti della volpe.

Lupo e volpe: diete diverse

Stando alle attuali conoscenze, lupo e volpe risultano avere diete parzialmente diverse, sebbene entrambi siano ritenuti assidui frequentatori di discariche, non disdegnando ambedue di nutrirsi di rifiuti alimentari umani. Volendo ridurre il discorso all’osso, il lupo viene considerato una specie opportunista, con predilezione per i mammiferi di taglia media e grande, in particolare per gli ungulati selvatici e domestici. La volpe, valutata specie ancora più opportunista del lupo, ha una dieta molto più varia, composta da invertebrati, roditori, piccoli mammiferi, uccelli, soprattutto quelli che nidificano a terra, ma anche da frutta. E, sia detto per inciso, questa grande flessibilità alimentare di entrambe le specie viene ritenuta alla base della loro capacità di vivere anche negli ambienti antropizzati.

Meno lupi, più volpi

Per comprendere quali possano essere i rapporti che intercorrono tra lupi e volpi conviene prendere in considerazione l’esempio della Svezia. In questo Paese è stato documentato come l’attuale predominio della volpe all’interno della comunità scandinava dei predatori si sia verificato come conseguenza della secolare persecuzione a cui sono stati sottoposti sia il lupo sia la lince, fino a ridurli entrambi sull’orlo dell’estinzione nei primi decenni del ventesimo secolo.

Si ritiene che la quasi estinzione dei superpredatori, cioè lupo e lince, abbia favorito oltremodo sia la diffusione territoriale che l’incremento delle popolazioni del predatore intermedio, cioè della volpe. E, a cascata, come l’incremento della predazione esercitata da parte delle volpi abbia contribuito in modo determinate al declino delle popolazioni della piccola selvaggina autoctona, in particolar modo del gallo cedrone e della lepre variabile.

Inoltre l’espansione geografica della volpe è stata valutata essere un fattore capace di contribuire, a causa della concorrenza esistente tra le due specie, anche alla quasi estinzione della volpe artica. D’altra parte, le profonde trasformazioni ambientali provocate dalla progressiva espansione dell’agricoltura nella penisola scandinava hanno ulteriormente favorito lo sviluppo delle popolazioni di volpe, in quanto gli ambienti agricoli sono più ricchi di piccole prede, tra cui la piccola selvaggina, di quanto lo fossero i primitivi ambienti naturali.

Il rapido declino della lince

A riprova di ciò è stato dimostrato come il rapido declino di lupi e linci e l’altrettanto rapido sviluppo ed espansione delle volpi siano stati due eventi che hanno interessato soprattutto le aree meridionali della Svezia, caratterizzate da un clima più mite e quindi coltivate. Ma questi stessi fenomeni si sono manifestati in misura assai inferiore nelle aree settentrionali, sottoposte a un clima molto rigido, con ambienti ancora naturali e nelle quali la riduzione delle popolazioni di lupi e linci è stata molto meno intensa.

L’esempio della Svezia è interessante perché mostra come i rapporti che possono intercorrere tra diversi predatori non siano certamente avulsi dal contesto ambientale nel quale si svolgono. Anche in Spagna, in Catalogna, è stato constato un aumento delle volpi in corrispondenza del declino del lupo, ritenuto un indubbio fattore di regolazione delle popolazioni di volpi. 

Uno sguardo al di là del mondo

Nel nord degli Stati Uniti, per fare un altro esempio, sono stati studiati i complessi rapporti tra lupi, coyote, volpi e prede. Ebbene, da tali ricerche è emerso come i lupi tendano a predare in misura maggiore i coyote e meno le volpi. I coyote, da parte loro, tendono invece a predare le volpi. Poiché a suo tempo i lupi sono stati eliminati dagli uomini anche in questa parte di mondo, i coyote hanno avuto modo di aumentare fortemente di numero e ampliare il loro areale storico di presenza in misura davvero eccezionale. Inoltre, le popolazioni di coyote, in assenza di lupi, hanno superato in termini di consistenza quelle delle volpi.

In passato, nelle stesse aree, i rapporti numerici tra volpi e coyote erano stati invece esattamente l’opposto. Le volpi erano sempre più numerose dei coyote. L’estirpazione del lupo, con il conseguente aumento dei coyote, ha comportato anche in questo caso un elevato aumento della predazione a carico della piccola selvaggina locale, fino al punto di essere ritenuta una delle cause del declino della lepre americana e del silvilago. Secondo i ricercatori americani, la successiva protezione concessa ai lupi ha consentito un recupero di questa specie e una conseguente riduzione delle popolazioni dei coyote, che a sua volta ha comportato un forte incremento delle popolazioni di volpi. Ma, a questo proposito, non sono riportati dati circa la situazione della piccola selvaggina derivante dall’aumento delle volpi.

In Australia

Interessante, sempre in merito ai rapporti intercorrenti tra differenti predatori, è la situazione australiana. In Australia il dingo, altro micidiale predatore appartenente alla famiglia dei canidi, si è dimostrato capace di comprimere l’abbondanza delle volpi e di conseguenza attenuarne l’attività predatoria nei confronti della piccola fauna. I rapporti sono chiari: quando i dingo sono abbondanti, le volpi sono costantemente rare; allorché però i dingo diminuiscono, a causa delle campagne di controllo numerico che vengono portate avanti nei loro confronti, le volpi tornano puntualmente a prosperare.

Linci, volpi, rosse e conigli

Infine, è molto istruttiva una ricerca condotta in Spagna sugli effetti derivanti dalla reintroduzione della lince pardina, o lince iberica, sulle popolazioni di volpe e di riflesso su quelle di pernice rossa e coniglio selvatico. La lince iberica è un forte predatore di conigli selvatici, ma anche di volpi. Una reintroduzione della lince condotta nella regione dell’Estremadura, nel sud-ovest della Spagna, ha comportato una riduzione della presenza delle volpi valutata intorno all’80%. E sebbene, come già accennato in precedenza, le linci siano anch’esse delle formidabili cacciatrici di conigli selvatici, la predazione complessiva a carico del coniglio selvatico è diminuita di quasi il 60%.

Sempre a proposito del coniglio selvatico, è stato notato come la popolazione di questo animale, sebbene fosse in precedenza diminuita a causa della diffusione della malattia emorragica virale del coniglio (Rhdv), è ritornata ai livelli precedenti solo nelle aree dove c’era presenza di linci. Ugualmente, una riduzione delle popolazioni di pernice rossa, dovute presumibilmente a una primavera estremamente siccitosa, è stata successivamente recuperata solo nelle zone interessate dalla presenza del superpredatore.

Cosa assai interessante: la riduzione delle presenze della volpe indotta dalla lince è stata spiegata non solo in termini di predazione diretta, ma anche tramite lo spostamento delle volpi al di fuori dai territori presidiati dalle linci. In altre parole, la presenza delle linci ha consigliato alle volpi, visto il concreto pericolo di fare una brutta fine, di cambiare aria per salvare la pelle.

Dinamiche interessanti

Questa dinamica, quella cioè dell’allontanamento del predatore intermedio, la volpe, indotto dalla presenza del superpredatore, in questo caso la lince, potrebbe svolgere, in ipotesi, un certo ruolo anche nel caso dei rapporti tra lupi e volpi nel nostro Paese.

Personalmente ho potuto constatare come la presenza di lupi all’interno dell’area nella quale seguo da tempo le popolazioni di lepre e fagiano abbia coinciso con una certa diminuzione degli avvistamenti di volpi. D’altra parte, rimanendo sempre nel campo delle osservazioni personali, mi è capitato di vedere nei pressi della carcassa di un capriolo predato dai lupi aggirarsi una volpe in palese paziente attesa del proprio turno.

Queste semplici esperienze di carattere squisitamente personale, unite alle ben più rilevanti ricerche e studi condotti in altri Paesi, c’è da augurasi che possano servire di sprone per una ripresa anche in Italia (così come peraltro già auspicato con grande lungimiranza a partire dalla metà degli anni Novanta), dell’interesse nei confronti dei rapporti tra due specie così importanti per la gestione faunistica, come il lupo e la volpe, e i riflessi che questi possono avere sulla piccola selvaggina.

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