Incidenti stradali causati dalla fauna selvatica: chi paga i danni?

Incidenti stradali causati dalla fauna selvatica: chi paga i danni?

L’argomento della responsabilità per danni a seguito di incidenti stradali causati dalla fauna selvatica è stato oggetto di interpretazioni e decisioni giurisprudenziali a volte contraddittorie e di difficile coordinamento. Soltanto recentemente paiono essere stati posti alcuni importanti punti fermi, di cui è opportuno che gli utenti della strada siano consapevoli.

Appare assai in crescita, sotto l’aspetto sia quantitativo sia qualitativo (gravità dei danni a persone e cose), il fenomeno degli incidenti stradali causati dalla fauna selvatica. Particolare impatto in questo senso è da attribuire alla specie cinghiale, per la sua stessa natura di animale dalle abitudini crepuscolari e dall’ampio range di movimento.

Dal punto di vista tecnico-giuridico, l’argomento è stato oggetto di una evoluzione interpretativa e giudiziaria che ha condotto a soluzioni a volte discordanti, che paiono tuttavia avere assunto una maggiore e definitiva uniformità negli ultimi dieci anni.

Ma andiamo per gradi, individuando in primis i due argomenti maggiormente dibattuti: il tipo di responsabilità e il soggetto/ente che deve ritenersi tenuto al risarcimento o indennizzo.

Un lungo percorso interpretativo

Ancora nei primi anni Duemila non erano infrequenti sentenze che ritenevano applicabile anche in questo campo la norma generale di responsabilità civile secondo cui «qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno» (articolo 2043 Codice civile). Così la Cassazione con sentenze 21.11.2008 n° 27673 e 20.11.2009 n° 24547.

È evidente che tale interpretazione era da ricondurre alla vecchia concezione legislativa (anteriore agli anni Settanta) della fauna come res nullius o comunque come patrimonio praticamente impossibile da controllare. Rendeva di fatto assai ardua la prova, da parte del danneggiato, di un concreto comportamento colposo dell’ente pubblico (Regione o Provincia), vista la naturale erraticità e imprevedibilità comportamentale dei selvatici.

Il cambiamento

Le soluzioni interpretative hanno iniziato a mutare con più evidenza intorno alla prima decade del nuovo millennio, con la sempre maggiore applicazione ai sinistri stradali dell’articolo 2052 del Codice civile. Esso stabilisce testualmente che: «il proprietario di un animale (…) è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito».

La norma è stata ritenuta applicabile in forza dello stato giuridico della fauna selvatica quale patrimonio indisponibile dello Stato (legge 157/1992 e, ancor prima, legge 968/1977), che obbliga lo Stato medesimo (o meglio gli enti pubblici statali, come vedremo) al risarcimento del danno.

Ciò non elimina il fatto che il danneggiato dovrà provare il nesso causale tra la presenza del selvatico e il sinistro. Dovrà cioè provare la dinamica dell’incidente e che la collisione sia stata causata dalla presenza e dal comportamento del selvatico appartenente a una delle specie di cui alla legge 157/1992. E dovrà provare anche l’entità patrimoniale del danno al veicolo e alle persone (attraverso preventivi, rilievi o perizie).

Inoltre, dovrà dimostrare, ai sensi dell’articolo 2054 del Codice civile, di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, quindi di trovarsi nel pieno rispetto della normativa relativa alla circolazione stradale, da valutarsi con particolare rigore in caso di circolazione in aree in cui è nota la possibile presenza di animali selvatici.

Una nuova impostazione

È evidente che la nuova impostazione, ormai univoca e fatta propria da numerosissime sentenza della Cassazione, anche molto recenti, continua a prevedere un onere probatorio piuttosto complesso a carico di chi abbia subito il danno. Esclude però il profilo della colpa dell’ente, che deve ritenersi responsabile per il solo fatto di essere titolare del dominio sulla fauna selvatica.

Una volta assolto l’onere di provare l’esistenza del danno e la riconducibilità dello stesso all’animale, l’ente pubblico potrà evitare o attenuare la propria responsabilità solo provando il caso fortuito. Ossia dimostrando che, nonostante ogni ragionevole precauzione (cartelli segnalatori ben visibili, recinzioni, limiti di velocità), la condotta imprevedibile dello specifico animale oppure l’imprudenza o l’imperizia del conducente abbiano costituito le esclusive cause del danno.

Qualora nessuna delle parti sia in grado di provare l’assenza di colpa nella propria condotta, come ben chiarito recentemente dalla Cassazione (ordinanza n. 19616 del 16.07.2024), la responsabilità sarà da attribuirsi ad entrambe in misura paritaria.

La responsabilità regionale

Una simile evoluzione si è verificata anche relativamente all’individuazione dell’ente pubblico di fatto tenuto al risarcimento: Regione, Provincia, Città metropolitana?

In una prima fase storica si è ritenuto configurabile una responsabilità dell’una o dell’altra a seconda dei poteri attribuiti al singolo ente dalla normativa regionale in materia di gestione della fauna. Non era raro pertanto ottenere sentenze diametralmente opposte con riguardo a sinistri verificatisi a pochi chilometri l’uno dall’altro, in quanto di competenza territoriale di una regione invece che di un’altra.

Anche sotto questo aspetto, la giurisprudenza si è tuttavia ben preso uniformata, e si attesta attualmente nel ritenere unico ente responsabile la Regione in quanto, ai sensi della legge 157/1992, essa è «titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico, nonché delle funzioni amministrative di programmazione, di coordinamento e di controllo delle attività di tutela e gestione della fauna selvatica, anche se eventualmente svolte – per delega o in base a poteri di cui sono direttamente titolari –  da altri enti» (Cass. 08.06.2022 n° 18454; Cass. 06.07.2020 n° 13848; Cass. 22.06.2020 n° 12113; Cass. 20.04.2020 n° 7969). E ciò anche nei casi in cui la delega regionale «abbia attribuito alla Province un’autonomia decisionale e operativa tale da consentire loro di gestire efficientemente i rischi e adottare misure idonee a prevenire tali danni» (Cassazione 09.07.2024 n° 18817).

Come detto quindi, il danneggiato, ai fini del risarcimento, dovrà fare riferimento esclusivamente all’ente regionale (e eventualmente, se insoddisfatto, citarlo in giudizio). Sarà quest’ultimo, eventualmente e solo qualora abbia adeguatamente delegato ad altri enti subordinati le specifiche funzioni di controllo della fauna, a dover chiamare in causa tali soggetti e rivalersi su di essi. Tutto quanto sopra delineato vale per le vie di comunicazione di competenza pubblica (strade statali, regionali, provinciali, comunali).

Autostrade, superstrade e parchi

Per le autostrade e le strade a lunga percorrenza gestite da società concessionarie private, valgono principi completamente differenti.

Con l’accesso a tali strade, regolato di norma tramite pagamento di un pedaggio, viene instaurato un vero e proprio rapporto contrattuale tra il concessionario e il viaggiatore. Qualora quest’ultimo dovesse rivestire il ruolo di danneggiato da un sinistro, l’intera gestione del risarcimento dovrà quindi seguire i principi generali in materia contrattuale (così Cass. 13.01.2003 n° 298; Cass. 20.01.2012 n° 748).

Ciò comporta un indubbio e notevole vantaggio processuale per il conducente, in quanto, ai sensi dell’articolo 1218 del Codice civile, dovrà dimostrare esclusivamente la conclusione del contratto (pagamento del pedaggio) e il fatto in sé della collisione con il selvatico e conseguente danno.

Sarà invece l’ente gestore, ai fini escludere la propria responsabilità ai sensi della norma medesima, a dover dimostrare che il sinistro è avvenuto per cause a sé non imputabili e quindi per motivi derivanti da fattori su cui non poteva intervenire o che non poteva oggettivamente prevedere, pur avendo posto in essere tutte le possibili cautele.

Incidenti stradali causati dalla fauna selvatica nei Parchi

Situazione ancora parzialmente diversa è quella dei sinistri avvenuti all’interno di un parco nazionale. In questo caso la configurazione della responsabilità è analoga a quella delle Regioni ma, come chiarito da recentissima ordinanza della Cassazione (n° 21375 del 30.07.2024) «la legittimazione passiva rispetto all’azione del danneggiato compete all’ente Parco, cui è riservata la funzione di controllo sulla fauna selvatica ai sensi della legge n° 394 del 1991, costituente lex specialis rispetto alle norme generali della legge 157 del 1992 che fissano le competenze regionali nella materia».

Un’ultima puntualizzazione, a fini puramente operativi. Alcuni enti regionali e provinciali istituiscono, allo scopo di attenuare il fenomeno delle cause promosse a seguito dei sinistri, fondi specificamente destinati a indennizzare chi abbia subito un danno a causa della fauna selvatica. Si tratta di somme che giuridicamente si distinguono da un risarcimento vero e proprio. Questo perché prescindono dall’accertamento di profili di responsabilità, ma hanno lo scopo di compensare, spesso purtroppo solo in percentuale, il danno risentito dal conducente, senza peraltro precludere eventuali successive iniziative giudiziarie.

È pertanto consigliabile, in caso di sinistro, verificare anche tale opportunità, per ottenere in tempi auspicabilmente più brevi un ristoro economico, anche se parziale, in conseguenza della collisione.

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