Marco Scurria, relatore in commissione Politiche europee per conto di Fratelli d’Italia, segnala due possibili criticità della riforma della legge sulla caccia promossa dalla maggioranza.
Per Marco Scurria di Fratelli d’Italia (il suo capogruppo, Lucio Malan, è il primo firmatario del ddl 1552), relatore in commissione Politiche europee, la riforma della legge sulla caccia all’esame del Senato è di per sé «coerente con l’ordinamento» comunitario al netto di «alcune osservazioni».
Sono due i temi più delicati: bisogna valutare bene se «gli strumenti ottici e optoelettronici» che s’intendono consentire per la caccia agli ungulati sono riconducibili a quelli vietati dalla direttiva Habitat; e, se si decide di prolungarla oltre la prima decade di febbraio, prestare attenzione a non far coincidere l’ultimo tratto della stagione venatoria col periodo della migrazione prenuziale e della nidificazione, sovrapposizione vietata dalla direttiva Uccelli.
Su altri due temi chiave Scurria non rileva criticità, né sull’ampliamento del periodo di caccia nelle aziende faunistico-venatorie (si caccerebbe fauna d’immissione), né sulle possibili modifiche alle regole su allevamento, cattura e detenzione dei richiami vivi.
Con questa lettura non è d’accordo Dolores Bevilacqua, senatrice del Movimento 5 Stelle, che ventila il rischio che la Commissione europea apra nuove procedure d’infrazione contro l’Italia, e osserva che «il provvedimento risponde soltanto alle istanze dei cacciatori, che rappresentano un’esigua minoranza rispetto all’opposta sensibilità della stragrande maggioranza della popolazione italiana, contraria a favorire l’attività venatoria».
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