Ferite a caccia: attenzione al tetano

Ferite a caccia: attenzione al tetano

Il batterio che provoca il tetano entra nell’organismo dalle ferite e dalle lacerazioni: vaccino e richiami rappresentano le armi principali.

Chi vive attivamente nella natura e va a caccia avrà molte volte sperimentato sulla propria pelle tagli e ferite: solitamente questi incidenti si risolvono per il meglio, ma è bene non trascurare il rischio di contrarre il tetano, una malattia molto grave e potenzialmente letale.

Si tratta di una malattia neurologica provocata da una neurotossina, la tossina tetanica, che si lega alle terminazioni nervose e provoca spasmi muscolari diffusi che possono interessare la muscolatura della respirazione. La neurotossina è prodotta da un batterio, il Clostridium tetani, che generalmente vive nell’intestino degli animali e dell’uomo, e viene eliminato nell’ambiente con le feci.

Tenere le ferite pulite

Il terriccio e la polvere possono contenere questi germi sotto forma di spore, resistenti nell’ambiente alle condizioni più estreme. Quando le spore riescono ad entrare nei tessuti attraverso una ferita o una lacerazione, trovano le condizioni ideali per passare alla forma vegetativa di batterio gram-negativo. L’assenza d’ossigeno, frequente nelle ferite necrotiche o molto profonde e chiuse (come spine, schegge, morsi), favorisce la proliferazione dei batteri e la produzione della temibile neurotossina, che va rapidamente in circolo. Dal momento della ferita, e dunque del contagio, possono trascorrere da tre a 50 giorni prima che i segni della malattia siano evidenti.

Più la malattia è grave più i sintomi (febbre, sudorazione, brividi e tachicardia) sono precoci ed eclatanti. Le forme più leggere sono però più subdole e difficili da diagnosticare in tempo: ecco perché è importante riconoscere precocemente alcuni segnali. I sintomi neurologici tipici del tetano sono spasmi, spesso dolorosi, a carico della muscolatura, dapprima del volto e del collo e poi via via sempre più periferici. Questi crampi possono interessare la muscolatura toracica fino a bloccare la respirazione.

Non ci sono test di laboratorio per la diagnosi di tetano: i sintomi e la notizia di recenti ferite potenzialmente contaminate sono sufficienti.

Tetano: vaccini e richiami

Il tetano è una malattia infettiva acuta non contagiosa, quindi non si può trasmettere da persona a persona. Una volta insorti i sintomi la terapia va gestita in ospedale, con farmaci che rilassano la muscolatura e talvolta con la respirazione assistita.

Importantissima è la terapia con anticorpi (immunoglobuline umane antitetaniche estratte dal plasma di donatori) che vengono somministrati anche in profilassi in caso di ferite lacero-contuse importanti. Vale lo stesso discorso per gli antibiotici che, bloccando la proliferazione batterica, riducono la quantità di neurotossina prodotta e la gravità del decorso.

Ma per affrontare il tetano la parola chiave è prevenzione. L’arma principale è la vaccinazione, che dal 1968 in Italia è obbligatoria per tutti i nuovi nati e ha un’efficacia superiore al 95%. Il vaccino è costituito dalla tossina tetanica inattivata che, inoculata nel braccio, stimola la produzione di anticorpi specifici. Il ciclo vaccinale inizia da bambini e consta di tre somministrazioni.

Dopo dieci anni dall’ultimo richiamo l’immunità inizia a ridursi progressivamente; pertanto è necessario sottoporsi a richiamo a cadenza decennale. Purtroppo questa pratica non è molto diffusa, eccetto che per categorie particolarmente esposte, come agricoltori e allevatori per le quali esiste un obbligo vaccinale con la raccomandazione di sottoporsi ai richiami.

Ferite a caccia: le buone pratiche

  • Pulire accuratamente le ferite e irrorare abbondantemente con disinfettanti ad azione ossidante, come l’acqua ossigenata).
  • In caso di ferite chiuse (morsi), profonde, lacerocontuse o molto sporche recarsi al pronto soccorso, dove potrà essere prescritta terapia antibiotica mirata.
  • In caso di ciclo vaccinale completo con ultimo richiamo negli ultimi dieci anni non verranno somministrati anticorpi emoderivati; potrebbe però essere somministrata una dose di vaccino per riattivare la risposta anticorpale. Chi non ha effettuato richiami recenti riceverà anticorpi emo derivati da sangue umano e una dose di vaccino.

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