Difendersi dagli insetti a caccia

Difendersi dagli insetti a caccia: tre api intorno a un fiore
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Ogni ambiente e ogni stagione hanno le proprie insidie: quando si va a caccia bisogna sapere come difendersi dalle numerose specie d’insetti che possono attentare alla nostra salute.

Sapere come difendersi è fondamentale: quando si va a caccia non si possono trascurare gli incontri con alcune specie di insetti e parassiti che, nell’immediato o in via differita, rischiano di rendere una giornata di caccia un ricordo da cancellare.

Attacchi aerei

In alcune aree zanzare, api, vespe, calabroni e tafani rappresentano una vera e propria piaga. Mentre le zanzare pungono per succhiare il sangue di cui si nutrono, negli altri casi l’attacco è una forma di difesa poiché la nostra presenza rappresenta per loro una minaccia.

Le punture di zanzara sono a tutti note: sono molto fastidiose ma generalmente innocue. Le loro complicanze insorgono a causa delle lesioni da grattamento che noi stessi ci infliggiamo in reazione ai fastidiosi ponfi. Le reazioni ai morsi di zanzare benigne si autorisolvono.

Le api pungono per difendere l’alveare e pungendo perdono la vita: il loro pungiglione resta conficcato nella pelle della vittima lasciano l’ape dilaniata. Il pungiglione è dotato di un apparato velenifero che resta nella sede della puntura rilasciando un veleno per tutto il tempo della sua permanenza in sede; perciò in caso di puntura d’ape è importante rimuoverlo il prima possibile, per di ridurre la quantità di veleno e di conseguenza dolore e arrossamento locali.

A differenza dell’ape, vespe, tafani e calabroni possono pungere ripetutamente il malcapitato perché il loro pungiglione non è conformato per conficcarsi nella cute; dunque quando si ha a che fare con questi insetti bisogna allontanarsi il prima possibile e con molta calma, per non scatenare ulteriori attacchi.

A parte i casi di reazione anafilattica, la cui unica terapia è l’autoiniettore di adrenalina sottocutanea, in caso di punture da api, vespe, tafani e calabroni è necessario raffreddare con ghiaccio o acqua molto fredda per ridurre l’infiammazione, e poi applicare creme o oli essenziali con azione antinfiammatoria (calendula, arnica, antistaminici o cortisonici).

Zecche e vedove nere

zecca
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È poi fondamentale ricordarsi alcuni aspetti pratici che riguardano i morsi di zecca: sono sempre indolori, perché nel loro apparato buccale le zecche hanno un anestetico che rende insensibile la pelle intorno al morso; trascorrono circa 24 ore tra il morso e il momento in cui per rigurgito sono inoculati eventuali parassiti presenti dello stomaco della zecca (Borrelia per la malattia di Lyme, rickettsie o virus per la Tbe, encefalite da zecche).

È inoltre necessario rimuovere la zecca senza romperla, utilizzando apposite pinzette, e per i successivi 40 giorni (segnare sul calendario!) monitorare l’insorgenza di sintomi quali febbre, dolori articolari, cefalea, rigidità del collo, linfonodi ingrossati. La correlazione temporale di strane sindromi influenzali col ritrovamento della zecca sarà di grande aiuto nella diagnosi di un’eventuale infezione.

malmignatta, vedova nera
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Nelle zone costiere tirreniche, al sud e sulle isole non è poi infrequente imbattersi in uno dei ragni più velenosi per l’uomo: la malmignatta, un piccolo ragno nero con numero variabile di macchie rosse sull’addome, quasi sempre tredici nelle femmine. Gli esemplari femmina hanno dimensioni più grandi, denti più lunghi: sono quasi esclusivamente loro le responsabili di morsi. Il veleno ha un’azione locale molto dolorosa e, man mano che diffonde per via linfatica ed ematica, anche effetti sul sistema nervoso centrale: provoca nausea, vomito, sudorazione, tremori, forti mal di testa fino a stati di shock e coma, generalmente dopo circa 24 ore dal morso.

È molto difficile difendersi da questo ragno, semplicemente perché molto piccolo e poco appariscente. Le accortezze da tener presente riguardano la frequentazione di ambienti caldi e secchi (sassi, muretti a secco) ove di solito nidificano e la pronta valutazione medica in caso di sintomi importanti all’indomani di un’uscita a rischio.

Un acaro pestifero

Trombicula autumnalis, acaro
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Piccoli acari delle dimensioni di un granello di sabbia, di colore rosso, con sei lunghe zampe: è questo l’identikit di un ospite poco conosciuto delle praterie di alta montagna, la Trombicula autumnalis.

Tra fine agosto e fine ottobre non è impossibile imbattersi in questi minuscoli acari che vivono in prati, cespugli e margini dei boschi; essi colonizzano il malcapitato che va sedersi sul terreno infestato e si ancorano alla cute tramite un organo chiamato stiloma, nutrendosi di proteine cutanee per 3-4 giorni per poi staccarsi spontaneamente.

A contatto con la cute la saliva scatena una forte reazione orticarioide con ponfi, vescicole, soffusione violacea sulla cute e un prurito intenso e snervante che può durare una o due settimane. Non è infrequente che, a causa delle lesioni da grattamento, si sovrappongano delle infezioni sulla cute escoriata. La terapia, purtroppo non molto efficace, è sintomatica, a base di prodotti antiprurito: antistaminici e cortisonici. Soggetti con cute sottile come donne e bambini sono più esposti al rischio di infestazione da Trombicula.

Consigli pratici per difendersi da insetti e acari

  • Non indossare colori sgargianti o essenze profumate, per non attrarre api, vespe e calabroni.
  • Non grattare la sede delle punture, per non provocare con le unghie graffi che possono infettarsi.
  • Non rimuovere con le pinzette il pungiglione dell’ape, per non schiacciare l’apparato velenifero e provocare il rilascio di ulteriore veleno (meglio sfilarlo con un oggetto affilato come una tessera magnetica o un coltellino).
  • I soggetti allergici al veleno di api, vespe e calabroni, devono sempre portare con sé due autoiniettori di adrenalina e informare i compagni di caccia sul rischio di anafilassi in caso di puntura.
  • Al rientro da una giornata di caccia bisogna controllare accuratamente tutta la superficie corporea, soprattutto nei punti più caldi (ascelle, inguine, nuca) e rimuovere prontamente eventuali zecche.
  • L’abbigliamento ideale per identificare le zecche è bianco o molto chiaro. In ambito venatorio si può optare per l’arancio ad alta visibilità anche per gli indumenti; l’abbigliamento classico nei toni verde scuro aiuta anche le zecche a mimetizzarsi.
  • Nei periodi e nelle zone più a rischio è utile servirsi di repellenti per zecche. Alcune sostanze, come quella a base di Det o la permetrina, sono tossiche per l’uomo e devono essere applicate solo su scarponi e abiti; non devono entrare in contatto con la pelle dell’uomo. Esistono in commercio speciali calze antizecche che riducono la loro capacità di aderire ai tessuti e raggiungere la pelle.
  • Nelle zone dove è endemica la Tbe (arco alpino orientale) è disponibile un vaccino specifico, somministrato alle persone a rischio (cacciatori, escursionisti) su base volontaria
  • Nelle zone caldo-secche in prossimità di sassi, muretti, rocce assolate bisogna prestare attenzione alla presenza della malmigliatta.
  • Bisogna evitare di sedersi su prati, cespugli o margini dei boschi in montagna: le rocce esposte al sole sono i posti più sicuri al riparo dalla famigerata Trombicula autumnalis.