Controllo faunistico, le osservazioni dell’Arcicaccia

Controllo faunistico: cinghiale nel bosco
© Petrik Ondrej / shutterstock

L’Arcicaccia chiede al governo Meloni una serie di chiarimenti sulla nuova disciplina del controllo faunistico.

Oltre che alla filiera della carne dei selvatici abbattuti e alle procedure d’ispezione sanitaria per le quali è d’obbligo una standardizzazione su base nazionale, la nuova disciplina del controllo faunistico chiama il governo a chiarire alcuni aspetti legati anche ai mezzi impiegabili, all’ambito d’applicazione della legge e al personale coinvolto; glielo chiede l’Arcicaccia con una serie d’osservazioni presentate al ministero dell’Agricoltura dal presidente nazionale Christian Maffei e da Gabriele Sperandio, responsabile del comitato scientifico.

Per l’Arcicaccia è innanzitutto necessario chiarire quali siano i mezzi indicati per gli interventi in città o dove l’arma da fuoco non può essere utilizzata; «andrebbe pertanto introdotta [nella legge] l’indicazione di metodi di cattura o mezzi incruenti [impiegati] da personale specificamente specializzato».

L’Arcicaccia registra inoltre alcune incongruenze anche sulle figure coinvolte nell’esecuzione dei piani. Non si capisce perché, considerato che si tratta della collaborazione a un’attività pubblica, si debba richiedere ai cacciatori l’iscrizione ad Atc o comprensori alpini; quest’obbligo può peraltro rappresentare un limite per le operazioni negli istituti faunistici privati. Si crea inoltre una disparità se non si prevede un obbligo formativo per i proprietari e i conduttori dei fondi nei quali s’interviene.

L’Arcicaccia chiede inoltre al governo di chiarire meglio come la nuova disciplina del controllo faunistico si attui nelle aree protette e come si gestiscano eventuali sovrapposizioni tra la legge 157/92 e la 394/91.

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