Caccia al colombaccio: parla l’esperto

caccia al colombaccio
I tre inseparabili amici palombai: Gualtiero Marinari (a sinistra), Adriano Tiberi e Luigi Boscherini posano soddisfatti al termine di una fantastica giornata di caccia

Il maremmano Gualtiero Marinari è un esperto di caccia al colombaccio nella forma tradizionale dal palco. Massimo Marracci ha raccolto la sua testimonianza.

La caccia al colombaccio dal palco è una delle sue principali passioni venatorie. Da quanti anni la pratica? È una tradizione venatoria della sua famiglia? Descriva brevemente le caratteristiche del suo impianto.

È la mia principale passione dal 1977, anno del mio matrimonio, allorché optai per questa forma di caccia anche per rimanere vicino alla famiglia. Il mio appostamento fisso è tutt’oggi il numero 61 della provincia di Grosseto. È situato in comune di Orbetello, località Poggio Quattrino, su di una collina in un bosco di cerri ed è un classico palco posizionato a 8,5 metri da terra. Pratico anche altre cacce, ma il palco è la principale. Nel 2012 ebbi purtroppo un grave infortunio cadendo dalla scala di accesso al capanno, ma dopo che mi rimisero in sesto al capanno sono tornato. La passione è passione! Con me cacciano abitualmente da tanti anni gli amici Luigi Boscherini e Adriano Tiberi.

Ha notato, e in caso affermativo da quando, cambiamenti nelle rotte migratorie dei colombacci che sorvolano la Maremma nel periodo autunnale? E se sì, quali?

Confermo che dalla fine degli anni Novanta, inizio anni Duemila, oltre a un sensibile incremento dei contingenti di passo, ho verificato un progressivo posticipo del periodo clou della migrazione autunnale, che ormai si sviluppa soprattutto dalla seconda metà di ottobre fino a gran parte di novembre. Annoto ogni mia osservazione, sin dal primo anno di caccia, sul mio diario giornaliero. In parallelo, ho però constatato anche un progressivo calo di intensità e durata del passo di altre specie, come tordi, merli, fringuelli e altri fringillidi.

Se parliamo di habitat, quello della Maremma grossetana è rimasto inalterato oppure anch’esso ha subito dei mutamenti che possano avere influenzato il comportamento dei colombacci?

L’habitat della Maremma grossetana da diversi anni ha subito rilevanti mutamenti. Molti i terreni messi a riposo, i rimboschimenti effettuati e l’espansione delle colture di girasole e mais. Tutto ciò ha senza dubbio favorito la sosta e la riproduzione di numeri crescenti di colombacci, anche perché i nostri boschi sono costituiti essenzialmente da cerri, lecci e sughere, cioè specie di querce produttrici di ghiande appetite dal colombaccio. Completano il quadro i nostri corsi d’acqua, a regimi ridotti ma privi di inquinanti chimici vista l’assenza sul territorio di aree industriali e questo è un altro elemento importante, perché la disponibilità di acqua è elemento vitale per qualsiasi specie.

Il colombaccio è una specie in continua espansione a livello nazionale, soprattutto come nidificante. Anche in Maremma si sta verificando questo fenomeno? In caso affermativo, la presenza della specie tutto l’anno ha modificato le tecniche di caccia?

Si è verificato lo stesso fenomeno. Ormai le coppie nidificanti hanno raggiunto numeri molto elevati. Potrei dire che il colombaccio si è impossessato del nostro territorio, secondo come nidificante solo ai corvidi che, tra l’altro, predano i suoi nidi e le covate. Pertanto le tecniche venatorie si sono evolute al passo con i costumi della specie ed è ormai comune la caccia al campo, sulle pasture, utilizzando zimbelli e aste. Un tempo la tortora era il principale obiettivo della preapertura, oggi invece lo è il colombaccio; sempre che, ovviamente, la preapertura venga concessa.

Che futuro vede per la caccia al colombaccio dal palco?

Per la caccia al colombaccio nella sua forma tradizionale vedo un futuro roseo, dato lo stato di conservazione estremamente favorevole del colombaccio. Certo è una caccia impegnativa per l’allestimento e la manutenzione delle strutture, così come per la cura quotidiana dei richiami vivi, però quando sali sul palco in ottobre e dall’alto ammiri il sorgere del sole, i primi canti e i primi voli degli uccelli mattinieri come pettirossi e merli, e poi i rapaci volteggiare nel cielo, non c’è nulla di più bello. Oltretutto, dal mio palco, guardando verso mare si vedono la laguna di Orbetello, l’Argentario, l’isola del Giglio e a volte addirittura Montecristo. Che cosa potrei chiedere di più? Il carniere diventa quasi accessorio. Questo è lo spirito della vera caccia!

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