Caccia al cinghiale a singolo

caccia al cinghiale

Nelle regioni in cui è consentita, la caccia a singolo al cinghiale è praticata da un solo cacciatore abilitato con l’ausilio di uno o più cani. Pier Luigi Giglioni, che da diversi anni la pratica in provincia di Terni, ne svela difficoltà e segreti

La caccia al cinghiale è ormai una pratica diffusissima in Italia. L’incremento annuo del suide raggiunge percentuali altissime, le più alte tra tutti gli ungulati selvatici presenti nel nostro Paese. La sua consistenza annua registra infatti oscillazioni variabili tra il 90% e il 180%. Diversi fattori quali la persistente rarefazione della fauna minore cacciabile e l’innalzamento fisiologico dell’età dei cacciatori che hanno abbandonato la caccia con il cane hanno riversato molto interesse nei confronti della caccia al cinghiale.

La forma più diffusa nel nostro Paese è la classica braccata, molto complessa a livello organizzativo: coinvolge molti cani e molte persone, dal caposquadra, ai suoi vice, ai canai, ai responsabili delle poste e agli indispensabili norcini, coloro che con molta sapienza hanno il compito di rendere utilizzabile e commestibile il frutto delle cacciate. La composizione degli elementi che formano le squadre di braccata è normalmente molto numerosa e varia, a seconda dei diversi regolamenti regionali, da un minimo di 30-40 cacciatori iscritti fino a un massimo di oltre 200 effettivi. Le squadre normalmente gestiscono il territorio a loro assegnato tutto l’anno, rendendosi disponibili per tutte le attività preventive e di contenimento.

Altra forma di caccia collettiva è la girata con il limiere, un cane tracciatore che normalmente, durante le fasi di ricerca delle vestigia notturne del cinghiale, viene usato con la lunga. La caccia consiste nel tracciare i selvatici fino alle rimesse, con il cane legato e silenzioso: localizzati i cinghiali, il tracciatore batte il perimetro dell’area dove presumibilmente sono allestrati i cinghiali per confermare o meno la loro presenza. Poi, molto cautamente predispone le poste. Fatto questo, il conduttore decide dove sciogliere il cane: se la tracciatura ha avuto buon esito dopo pochi minuti i cinghiali dovrebbero palesarsi lentamente alle poste, facilitando la possibilità di abbattimento. Qualora i cinghiali si allontanassero dalle poste indenni, il cane deve rientrare prontamente al richiamo del conduttore. È una dote fondamentale del cane limiere. Il cane utilizzato deve essere brevettato da prova Enci. La terza forma di caccia collettiva prevista è la battuta, ormai in disuso perché non prevede l’utilizzo di cani. La normativa consente poi la caccia di selezione, praticata da punto fisso o alla cerca con la valutazione preventiva, prima dell’abbattimento, del selvatico assegnato. Unica arma utilizzata è la carabina di calibro non inferiore al 6,5 munita di ottica di puntamento.

La caccia a singolo

C’è poi un’altra forma di caccia individuale: la caccia a singolo, solo in quelle regioni in cui si può esercitare. La si può praticare con l’ausilio di uno o più cani, dipende dalle normative regionali. E la può svolgere, rigorosamente, un solo cacciatore abilitato. Da diversi anni Pier Luigi Giglioni pratica la caccia al cinghiale a singolo in Umbria, in provincia di Terni.

Da quanti anni caccia il cinghiale?

Ormai da sedici. Ho cacciato per diverso tempo in squadra. Ma da sei anni mi sono dedicato solo alla caccia a singolo: amo cacciare da solo con i miei Dachsbracke. Ho sempre lavorato con i cani, sono addestratore cinofilo iscritto all’albo degli addestratori Enci e addestratore di cani da soccorso. I cani sono la mia grande passione. Possiedo cinque Dachsbracke, di cui quattro abilitati a singolo e a limiere.

Quando si caccia a singolo, con quanti cani si può cacciare e in quali giornate?

Non esiste un numero minimo di cani, io esco con due. Si può cacciare il giovedì, il sabato e la domenica.

Quali sono i limiti di spazio? Quali armi si usano? E che cosa si deve fare dopo l’abbattimento?

Durante l’attività venatoria devo usare obbligatoriamente un indumento ad alta visibilità. Nelle giornate indicate dal calendario regionale posso andare dove voglio, anche nelle zone assegnate alle squadre purché non siano presenti. Limiti di prelievo non ce ne sono: è obbligatorio apporre la fascetta appena abbattuto il cinghiale. E, per motivi sanitari, devo a presentare la corata al centro veterinario autorizzato. Le armi sono quelle previste dalla normativa nazionale. Chi usa l’anima liscia non può detenere la munizione spezzata durante l’azione di caccia.

Una giornata di caccia a singolo

Sono ormai diversi anni che esercito la caccia al cinghiale in forma individuale.

Ho la fortuna e il piacere di poterla praticare nella mia amata Umbria, nei territori dell’Atc 3 nel comune di Acquasparta, un piccolo paese nella provincia di Terni.

Il variare delle colline e dei monti prospicienti, la ricchezza di vegetazione e la vastità del territorio permettono al cinghiale di essere la specie cacciabile più presente.

Da diversi anni in Umbria la caccia al cinghiale è consentita nelle giornate di giovedì, sabato e domenica, anche nella forma individuale.

Sin da bambino coltivo un’enorme passione nell’addestrare cani: grazie a questa ho conosciuto una delle migliori razze idonee al prelievo venatorio in forma individuale, l’Alpenlaendische Dachsbracke.

Il forte attaccamento al proprietario, il coraggioso carattere e il grande istinto venatorio permettono a questo piccolo cane di diventare il più grande ausiliare per il cacciatore che intende intraprendere la caccia al cinghiale in singolo. Per una mia scelta personale da sempre caccio con una doppietta Fausti calibro 12.

La giornata iniziò all’alba: il fucile era già pronto, allacciai gli scarponi, presi la giacca alta visibilità e uscii di casa.

Intanto nei box i cani, che avevano già intuito che era giunto il momento di partire, iniziarono a richiamare la mia attenzione: al massimo due, se non uno soltanto, avrebbero potuto essere i miei compagni per questa nuova giornata di caccia.

Una volta in auto e dopo aver attentamente esaminato le condizioni meteorologiche, situazione imprescindibile per avere buone possibilità di successo, mi diressi su quei punti di rimessa dove il cinghiale probabilmente aveva deciso di rifugiarsi.

Giunsi sul posto e verificai l’eventuale presenza notturna di cinghiali. Dopo un’attenta valutazione, rilevai chiaramente i segni di presenza di un branchetto di cinghiali: le fresche rumate e le tracce sul sentiero che si dirigevano a una grossa rogaglia mi facevano ben sperare. Tre o quattro cinghiali potevano aver scelto lì la loro rimessa diurna.

Un attento giro perimetrale all’area boschiva più fitta mi confermò la tracciatura effettuata con Rumba e il mio intuito: soltanto un cinghiale aveva ha preferito dormire altrove, lasciando così gli altri all’interno.

Doppietta in spalla, mi avvicinai al luogo dove i cinghiali erano entrati e liberai il cane sulla traccia. L’abbaio a fermo inequivocabile e perseverante di Rumba confermò le mie ipotesi.

Qualche istante per verificare la direzione del vento e per decidere da quale parte entrare per raggiungere il cane nella fitta vegetazione, principalmente formata di rovi quasi impenetrabili.

Carponi, aiutandomi con delle forbici, cercai di crearmi un varco per avvicinarmi il più possibile al cane. Il rumore creò un notevole allarme nei cinghiali che, incalzati anche dall’insistenza di Rumba, riuscirono a sfilarsi prima che io li potessi raggiungere.

Il cambio di voce del cane, ormai in seguita, mi fece capire che i selvatici erano ormai per me impossibili da ritrovare. Per questo decisi di richiamare Rumba, che prontamente interruppe la seguita e mi raggiunse in quel piccolo varco che mi ero creato. Un cane ubbidiente e ben addestrato al pronto ritorno al richiamo è fondamentale per la caccia al singolo.

Porsi le giuste e meritate gratificazioni al mio infallibile ausiliare e con l’amarezza di aver perso le possibilità di riuscire a sparare mi avviai all’auto.

Con la mente ormai pensierosa e rassegnata, sentii il campanello di Rumba allontanarsi di nuovo nel fitto. Dopo pochi secondi la sua voce inconfondibile mi riaccese le speranze: era a fermo. Sicuramente qualche cinghiale era rimasto nel covo.

Mi addentrai nuovamente e dopo circa 40 minuti riuscii a raggiungere il cane. Che appena mi vede mi venne incontro segnalandomi in modo inequivocabile la presenza di altri cinghiali.

La sua esperienza e la sua caparbietà lo portarono ancora a fermo sul cinghiale. Prontamente caricai la doppietta. E mentre cercavo di scovare la sua sagoma, il cinghiale partì con una violenta carica verso il cane. Un colpo sordo del calibro 12 interruppe la sua ira.

Il ringhio del cane mi confermò che il colpo era andato a segno: un bel verro era rimasto a terra senza aver avuto possibilità di fuga.

La caccia a singolo è una vera e propria arte venatoria, una disciplina difficile da praticare composta da esperienza, intuito e soprattutto dalla forte complicità con il proprio cane, protagonista indiscusso di tutte le memorabili esperienze di caccia.

Alla base ci sono sempre, essenziale, la sicurezza per la propria e l’altrui incolumità, per quella del nostro cane e il rispetto della natura e del cinghiale cacciato.