Beccacce che Passione n. 6 novembre-dicembre 2021

Editoriale

Questione di scelte

Avventurandomi nella lettura spesso ho fatto incontri inaspettati con la beccaccia. Anche in tanti classici “insospettabili” come, ad esempio, in Marcovaldo di Italo Calvino«Un volo di beccacce autunnali apparve in una fetta di cielo d’una via. E se ne accorse solo Marcovaldo, che camminava sempre a naso in aria. Era su un triciclo a furgoncino e vedendo gli uccelli pedalò più forte, come andasse al loro inseguimento, preso da una fantasticheria di cacciatore».

E l’ultimo incontro (senza cane…) è stato durante la lettura di un libro di Aeront Clement, Le fredde lune, che racconta la disperata fuga di una colonia tassi alla ricerca di un luogo per scampare alle operazioni di eradicazione della specie che furono messe in atto ai tempi oltre Manica.

Improvvisamente, proprio come talvolta accade nel bosco, tra le righe appare lei. «Belforte (il tasso) sapeva quel che significava un cielo sgombro al cader della notte. In inverno, specie quando la terra era coperta da un manto di neve, il gelo li avrebbe attagliati con tutta la sua forza. Per gli uccelli la ricerca di cibo era difficoltosa a causa dello spesso strato di neve che copriva la terra e quindi avevano smesso prima del solito per tornare nei loro rifugi, appollaiati tra i rami dei pini e degli alberi. Belforte vide che erano riuniti in gruppi di due o tre, a parte la solitaria beccaccia. Riconosceva la familiare creatura alata … Quell’uccello delicato, con un piumaggio dello stesso colore delle foglie di quercia secche, di solito cercava rifugio tra i cespugli folti o nella fitta boscaglia, ma quella notte la neve gli negava la sua dimora abituale».

Clement è stato definito uno scrittore di fantascienza. E, in effetti, in questo divertente e anche commovente libro dà voce e pensieri a tassi perseguitati dall’uomo. Però in questa storia di fantasia sono tante le verità sulla natura svelate e di fronte al passo citato ho avuto un pensiero.

Se anche un “semplice” scrittore senza particolari o documentate conoscenze naturalistiche ha evidenziato le criticità che condizioni meteo severe hanno sulle popolazioni animali, come è possibile che tutte le volte che si sono verificati particolari eventi avversi, come le ondate di gelo, il mondo della caccia, cui dovrebbe appartenere quella cultura e sensibilità ambientale di cui tanto ci si fa bandiera, non si è trovato compatto e pronto a sospendere la caccia, e non solo nelle zone attanagliate dalla morsa del gelo ma anche, ovviamente, in quelle limitrofe?

Invece ogni volta è la stessa storia e la risposta più accreditata di chi argomenta contro coloro che ritengono una sospensione opportuna (in determinate condizioni si intende) è questa: voi siete nemici della caccia.

Lascio rispondere a Mario Rigoni Stern, di cui, lo ricordo, il primo novembre si è celebrato il centenario della nascita. Nel corso di una nostra corrispondenza (rigorosamente su carta) mi scrisse: «Chi sono i cacciatori? Ma quali cacciatori? Quelli che sparano e sparano in riserve di selvaggina non selvatica o il solitario che va a cercare una beccaccia? Quello che va a raccogliere un camoscio sulle sue montagne o quello che fa raccolta di trofei di tutta la terra? Per me la scelta è semplice anche se tutti e due sono cacciatori. Insomma non è l’avere che conta ma l’essere».

@ Viviana Bertocchi

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