La Federcaccia segnala che i dati dell’Agenzia europea per l’ambiente fissano allo 0,66% la pressione della caccia sugli habitat e sulla biodiversità.
Sotto il decimale la percentuale rischia d’essere trascurabile: dunque non può essere la caccia a impattare in negativo sull’ambiente e sulla biodiversità, visto che la sua pressione s’attesta intorno allo 0,66%.
Lo rivelano i dati dell’Agenzia europea per l’ambiente diffusi e commentati dalla Face e dalla Federcaccia, che segnala che sulla biodiversità incidono in negativo altri fattori «più profondi e strutturali»: l’agricoltura intensiva (21,4%), la diffusione di specie aliene (7,3%), la trasformazione del suolo, la frammentazione degli habitat, l’inquinamento, la costruzione d’infrastrutture energetiche (4,8%), i cambiamenti climatici (3,7%).
Alla caccia, si legge nella nota della Federcaccia, è facile – sbagliando – dare la colpa, perché si può contare sull’apparato di «emozioni, simboli e immagini forti», e spesso «si fa in modo di confondere ciò che è legale con ciò che non lo è»; sulla società civile, inoltre, ha un peso il racconto di chi descrive come «far west venatorio» la richiesta di adeguare la normativa nazionale a quella comunitaria, «le cacce tradizionali come crudeli anacronismi da cancellare». Si tratta di «una presentazione distorta nei contenuti, ma ben confezionata e di facile presa sul grande pubblico».
Per tutelare la biodiversità, chiude la Federcaccia, bisogna non combattere la caccia, ma «chiedere politiche agricole che concilino ancora meglio reddito e sostenibilità», piani di gestione effettivi ed efficaci, «interventi seri contro l’inquinamento, il consumo del suolo, la cattiva gestione» delle acque, «i vincoli insensati» a un utilizzo razionale di boschi e foreste.
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