Tre senatrici del Movimento 5 Stelle propongono di portare da diciotto a ventun anni l’età minima per ottenere la licenza di caccia.
L’ostruzionismo esplicito non è l’aspetto peggiore della marea di emendamenti (oltre mille dei 2.084 totali) presentati dal Movimento 5 Stelle con l’intenzione, replica di quanto avvenuto col ddl Bruzzone, di far naufragare la riforma della legge 157/92 promossa dalla maggioranza di centrodestra; si tratta, infatti, non di proposte neutre, ma di tentativi di ostacolare l’esercizio della caccia; ne è un esempio chiaro l’emendamento 7.5 firmato dalle senatrici Naturale, Bevilacqua e Sabrina Licheri, che propongono di alzare da diciotto a ventun anni l’età minima per ottenere la licenza.
Nei confronti del mondo venatorio non è l’unica dichiarazione d’ostilità che traspare dall’emendamento: ci si affiancano anche l’aumento dei massimali coperti dalla polizza assicurativa (per ogni sinistro due milioni di euro anziché poco più di 900.000; mezzo milione anziché 90.000 euro per gli infortuni: inevitabile l’aumento dei premi) e la volontà di ridurre la validità della licenza dall’intero territorio nazionale alla regione di residenza con la sola aggiunta di quelle confinanti.
In questa legislatura queste proposte non raccoglieranno mai voti sufficienti a modificare la legge sulla caccia in senso così restrittivo; però è bene avercele presenti come indicatori dello spirito che, al riavvio dei lavori parlamentari dopo la pausa estiva (se ne riparlerà a settembre inoltrato), animerà una discussione che è verosimile che sarà estenuante.
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