Contro la riforma della legge sulla caccia inizia l’ostruzionismo del Movimento 5 Stelle

Contro la riforma della legge sulla caccia inizia l’ostruzionismo del Movimento 5 Stelle
© Marco Iacobucci Epp / shutterstock

Il Movimento 5 Stelle intende costringere la maggioranza a ritirare il ddl di riforma della legge sulla caccia.

Déjà-vu: come già nella prima parte della legislatura, quando riuscì ad affossare gli otto articoli (stavolta sul tavolo ce ne sono diciotto) del ddl Bruzzone, il Movimento 5 Stelle ha già iniziato a darsi all’ostruzionismo, la strategia con cui intende boicottare la riforma della legge sulla caccia promossa dalla maggioranza di centrodestra.

L’andamento dell’ultima seduta in commissione è un esempio sufficiente: i senatori del Movimento 5 Stelle hanno illustrato tutti gli emendamenti che hanno presentato all’articolo 1, l’unico del quale per ragioni di tempo s’è discusso, e hanno fatto capire che faranno lo stesso con ciascuno degli altri mille, da votare poi uno per uno insieme a quelli (2.084 il totale) presentati dagli altri gruppi parlamentari, anche di maggioranza.

Opposizione dura

Nel corso della ventitreesima riunione delle commissioni Agricoltura e Ambiente (è probabile che per la ventiquattresima bisognerà attendere settembre) Alessandra Maiorino, senatrice 5 Stelle, ha definito la riforma «uno scambio elettorale» («scandaloso») con i cacciatori, e ha detto che «l’espediente» («incostituzionale») di includere la caccia nelle pratiche di gestione della fauna selvatica non è altro che «un’operazione di deregulation».

Considerato l’approccio, l’elencazione dei passaggi critici di per sé sarebbe un punto a favore: vorrebbe dire parlare del merito della proposta, della quale il Movimento 5 Stelle contesta la limitazione del ruolo dell’Ispra, l’equiparazione tra licenze italiane ed europee («determina un’apertura indiscriminata foriera di pericoli, tenuto conto che la gestione della fauna richiede una conoscenza approfondita del territorio»), l’estensione del periodo di caccia, l’abolizione del limite numerico all’utilizzo di richiami vivi d’allevamento.

Del merito però il Movimento 5 Stelle non ha tanta voglia di parlare: sia Maiorino sia Pietro Lorefice, altro senatore del gruppo, hanno invitato la maggioranza a ritirare il ddl, «in controtendenza rispetto all’evoluzione dei costumi»: i beneficiari del provvedimento, si legge nel resoconto della seduta, «sono individuabili con certezza, mentre gran parte della popolazione non gradisce» la caccia.

Spazio per il confronto?

Al Partito democratico, comunque contrario alla riforma nella quale ravvisa «una forzatura», dovuta a «un atteggiamento incline ad assecondare solo le richieste di alcuni settori», è toccato interpretare il ruolo dell’opposizione ragionevole: per Lorenzo Basso è necessario «un confronto vero per costruire una proposta solida, che venga incontro alle diversità geografiche del Paese»; altrimenti si rischia «uno scontro maggiore, in passato superato grazie alla collaborazione tra i soggetti coinvolti, a dispetto delle posizioni ideologiche».

Un’eco di questo spirito si rintraccia anche nelle parole di Luigi Spagnolli, senatore del gruppo delle autonomie, che ha notato che è scorretto impostare l’esame sulla contrapposizione tra conservazione e caccia: sarebbe bene che la discussione proseguisse «scevra da condizionamenti emotivi, orientata da dati scientifici». Sarà possibile?

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