La prima commissione del Senato s’è detta favorevole (tecnicamente ha espresso «un parere non ostativo») al ddl di riforma della legge sulla caccia promosso dai vertici dei gruppi parlamentari di maggioranza.
L’approvazione di una legge segue procedure articolate: all’esame nelle commissioni cui la presidenza ha assegnato il ddl si affianca il parere di alcune delle altre commissioni, che si esprimono sugli aspetti che le riguardano; così la riforma della legge sulla caccia promossa dai vertici dei gruppi parlamentari di maggioranza è dovuta passare dalla prima commissione, quella che si occupa di Affari costituzionali (contestualmente ha respinto gli emendamenti con cui le opposizioni intendevano abrogare l’articolo che rimodula le restrizioni alla caccia e riduce i divieti in prossimità dei valichi montani interessati dalle rotte migratorie) e che a maggioranza ha espresso un parere favorevole (tecnicamente «non ostativo»).
In astratto la discussione avrebbe dovuto riguardare soltanto la legittimità del ddl, che secondo la prima commissione non intacca «la potestà legislativa residuale delle Regioni, tenute a rispettare i criteri fissati dalla legge 157/92 […], punto d’equilibrio tra la salvaguardia del patrimonio faunistico nazionale e l’interesse all’esercizio della caccia».
Le opposizioni però hanno parlato anche dei contenuti: per Dario Parrini, capogruppo del Pd in commissione, il ddl «costituisce una sorta di privatizzazione della caccia, alterando l’equilibrio tra cacciatori, agricoltori e ambientalisti alla base della legge in vigore»; più duro Roberto Cataldi, senatore del Movimento 5 Stelle, per il quale lo stesso esercizio della caccia «confligge con altre attività di fruizione dei beni collettivi».
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