L’Ucim, la settoriale della Federcaccia che rappresenta i migratoristi, critica il poco coordinamento tra le amministrazioni regionali sulla caccia in deroga allo storno e al fringuello.
Dal giorno in cui il Consiglio di Stato costrinse l’Ispra a calcolare le cosiddette piccole quantità prelevabili, la caccia in deroga allo storno e al fringuello è diventata argomento di dibattito costante; e al momento pochi sembrano soddisfatti della situazione attuale.
Non lo sono gli ambientalisti, il Wwf sta promuovendo ricorsi contro le delibere; e non lo sono nemmeno alcuni cacciatori: l’Ucim, la settoriale della Federcaccia che rappresenta i migratoristi, esprime la propria frustrazione per «le decisioni tardive e parziali» di alcune amministrazioni regionali, che «generano disparità e diseguaglianze» tra i cacciatori di territori limitrofi, «in aperto contrasto con i principi costituzionali di equità e uniformità dell’azione amministrava».
Per l’Ucim si tratta di «una situazione paradossale», tanto più se si considera che lo storno è cacciabile in numerosi Paesi europei, che il suo contenimento «è essenziale per limitare i gravi danni alle produzioni agricole, in particolare a oliveti, vigneti e frutteti», e che il fringuello è «specie abbondante, non minacciata, da sempre parte integrante della cultura venatoria tradizionale».
Dunque alle amministrazioni regionali l’Ucim chiede «di dimostrare coraggio politico, responsabilità istituzionale e soprattutto rispetto» verso i cacciatori, che «non chiedono privilegi, ma equità» insieme alla possibilità di partecipare alla gestione del territorio; la caccia infatti può apportare «benefici sociali, culturali ed economici» alle comunità locali.
La soluzione, si chiude la nota, è «non un divieto ideologico e generalizzato», ma «un approccio equilibrato, fondato su dati scientifici, regole certe e buonsenso».
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