Quanto pesa un cinghiale? Le strategie energetiche nel periodo degli amori

Quanto pesa un cinghiale Le strategie energetiche nel periodo degli amori
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Capire quanto pesi un cinghiale e quale siano le oscillazioni nel corso dell’anno non è una semplice curiosità. La taglia ha infatti ricadute concrete nella dinamica di popolazione.

Chi si chiede quanto pesa un cinghiale deve innanzitutto ricordarsi che la vastità del suo areale, uno dei più estesi tra i mammiferi, è dovuta alla sua straordinaria adattabilità; può infatti vivere in climi e ambienti diversissimi, dalle foreste tropicali del sud-est asiatico alla macchia mediterranea del Nord Africa e dell’Europa meridionale, dalle steppe del Medio Oriente alle foreste boreali russe, dalle paludi planiziali alle praterie d’altitudine, grazie anche alla sua indiscussa flessibilità alimentare e alla sua resistenza agli estremi climatici. (A proposito: avete letto la ricetta dei paccheri alla salsiccia di cinghiale?). In Europa trova il suo ambiente ottimale nelle ricche foreste mature di caducifoglie produttrici di frutti come faggiole, ghiande e castagne; ma se necessario sa accontentarsi di habitat più modesti come boscaglie, zone umide o boschi di conifere.

Un chiaro segno di questa adattabilità fuori dal comune è dato dalla plasticità con cui risponde alla diversa produttività degli ambienti, modellando la propria taglia corporea lungo un ampio spettro; si va dai piccoli esemplari dell’Andalusia o della Sardegna fino agli individui enormi dei Carpazi o della Russia. In Europa si parte da medie di 50-60 kg dei maschi e di 40-50 kg delle femmine negli habitat più poveri fino a medie di 120-130 kg e 90-100 kg di quelli più ricchi come le foreste lituane, slovacche o rumene.

E se in Italia alcuni maschi possono arrivare fino a pesi record di 180-220 kg, in Europa orientale si può – sia pure molto raramente – arrivare fino ai 280-300 kg, in funzione sempre dell’abbondanza delle risorse alimentari. Non c’è da stupirsi se in certe regioni dell’Europa dell’Est il lupo tenda a evitare di predare il cinghiale. Animali alti al garrese 95-100 centimetri, non molto diversi per taglia da degli orsi, sono sicuramente avversari temibili più che prede potenziali.

Quanto pesa un cinghiale? Occhio alle fluttuazioni

Le fonti alimentari però non forniscono un apporto costante durante l’anno, ma variano a seconda della stagione; e neanche i fabbisogni energetici sono sempre gli stessi, ma variano secondo il sesso, l’età e il periodo dell’anno. Pertanto il peso corporeo dei cinghiali non è affatto stabile durante l’anno, ma tende a fluttuare. Non è facile ricostruire queste oscillazioni nell’intero arco annuale, soprattutto perché gran parte dei dati disponibili sui pesi corporei deriva dall’attività venatoria vera e propria, che coincide con l’autunno e l’inizio dell’inverno; si tratta di una finestra temporale non particolarmente estesa, ma comunque molto significativa per la biologia del cinghiale e per la produttività della foresta.

L’intervallo corrisponde approssimativamente all’avvio del periodo degli accoppiamenti e si estende per più di metà dell’intera fase. La stagione di prelievo inizia quando le femmine adulte hanno da poco finito di allattare i piccoli e i maschi adulti cominciano a cercare i gruppi femminili per tentare di riprodursi, mentre la lettiera del bosco si riempie di ghiande, faggiole e castagne, frutti apprezzatissimi dai cinghiali.

L’andamento dei pesi corporei non è semplicemente una curiosità, ma ha ricadute concrete nella dinamica di popolazione del cinghiale: qualche chilo in più può portare all’entrata in pubertà delle femmine dell’anno, ad aumentare la proporzione di femmine subadulte e adulte gravide o ad accrescere la numerosità delle nidiate.

Quanto pesa un cinghiale? Lo studio sull’Alpe di Catenaia

Uno studio del gruppo di ricerca di Marco Apollonio dell’Università di Sassari, svolto nell’Appennino settentrionale, ci aiuta a conoscere più in dettaglio la dinamica dei pesi corporei dei cinghiali di entrambi i sessi e delle diverse classi d’età. L’area di studio, come per molte altre ricerche sul cinghiale, è costituita dall’Alpe di Catenaia, in provincia di Arezzo; in tutto sono 134 chilometri quadrati, dei quali 27 protetti sotto forma di oasi. Dal 2002 al 2016 sono stati pesati 8.800 cinghiali abbattuti durante le braccate svolte tra settembre e gennaio. Un campione molto ampio distribuito su 14 anni, che per la sua grandezza e la sua estensione temporale permette analisi statistiche fini; si possono così chiarire le diverse strategie di maschi e femmine, di adulti e subadulti e l’influsso delle variazioni climatiche e della produttività forestale sui pesi corporei.

Come stimato dagli studiosi, il periodo di campionamento annuo compreso tra l’inizio di settembre e la fine di gennaio copre il 60% dei concepimenti. È quindi sostanzialmente una buona fotografia, sia pure incompleta, dell’intera stagione degli accoppiamenti, in questa specie è molto più dilatata nel tempo che negli altri ungulati. Se nel cervo gran parte degli accoppiamenti avviene in tre o quattro settimane, nel cinghiale ha luogo in almeno quattro mesi; il picco si registra tra fine dicembre e inizio febbraio.

Maschi adulti e strategie

I maschi adulti come affronteranno questa fase? Come troveranno le energie per le loro fatiche amatorie? Gli zoologi descrivono due possibili strategie energetiche opposte. Per prepararsi alla riproduzione, alcune specie cominciano ad acquisire energie e ad accumularle sotto forma di riserve di grasso; in questo caso si parla di riproduttori da capitale accumulato, in inglese capital breeder (tra gli ungulati il cervo e il daino). Altre specie acquisiscono invece le energie necessarie giorno per giorno durante la stagione riproduttiva senza fare scorte; allora si parla di riproduttori dai guadagni quotidiani, income breeder (il capriolo).

Molti elementi farebbero pensare che anche nel caso del cinghiale i maschi adottino una strategia energetica di accumulo di riserve di grasso in vista dei forti consumi legati agli amori. Come il cervo e il daino, il cinghiale è una specie poliginica, nella quale cioè i maschi adulti tendono a competere fortemente tra loro per avere accesso alle femmine; come nel cervo e nel daino, da adulti i maschi tendono a essere molto più grossi e robusti delle femmine. Ma mentre nei cervi e nei daini le differenze di peso sono già presenti nei neonati e vanno via via crescendo, nel cinghiale le differenze cominciano a presentarsi molto più tardi, intorno ai 12 mesi di vita; e non sono così accentuate.

Un maschio adulto tende a pesare il 25-40% in più di una femmina contro il 70% nel cervo. Il periodo degli accoppiamenti o comunque la sua prima parte coincide con una fase di relativa abbondanza di cibo; ciò potrebbe in teoria favorire la strategia riproduttiva dei guadagni quotidiani, del fare affidamento sulle risorse raccolte giorno per giorno. Ma non è così: l’altissima competizione tra maschi adulti sottintende forti spese energetiche e spinge quindi per l’accumulo di riserve di grasso alla vigilia del periodo riproduttivo.

Grandi spese energetiche

Per certi aspetti la sfida tra maschi adulti è ancora più determinante che nel cervo. Riuscire a monopolizzare i gruppi compatti di femmine infatti permette a pochissimi esemplari di monopolizzare altrettanto le nascite di ampie nidiate per ogni femmina coperta e non di un solo piccolo per femmina. Nei maschi adulti di cervo il forte coinvolgimento negli amori si traduce in incessante attività vocale, scontri diretti e difesa attiva di harem in uno stato di eccitazione tale che per alcune settimane smettono completamente di mangiare.

Questo non avviene nel cinghiale, dato che lo sforzo riproduttivo dei maschi adulti si trascina per mesi; tutto il periodo è comunque caratterizzato da grande mobilità, alla ricerca di branchi con femmine in estro su vaste superfici e naturalmente da scontri con avversari per l’accesso agli accoppiamenti. Come nel camoscio e nello stambecco, i cinghiali dedicano meno tempo all’alimentazione senza però mai smettere di nutrirsi.

Intorno a tre anni d’età i maschi entrano nella vera e propria età adulta raggiungendo il 90% del peso finale che all’Alpe di Catenaia corrisponde a circa 85 kg. In realtà l’abbondante produzione di frutti forestali in settembre e inizi ottobre permette loro di raggiungere un peso massimo di circa 91 kg intorno al 15-20 ottobre; poi il coinvolgimento sempre più attivo nella competizione per gli accoppiamenti fa perdere loro il 10% del peso per la fine di gennaio.

I ricercatori stimano che il declino complessivo del peso su tutta la stagione riproduttiva si aggiri intorno al 17%, un valore non molto diverso da quello del cervo o del daino. Le variazioni annuali del peso autunnale sono collegate alle temperature della primavera precedente e alla piovosità dell’inverno passato. Se l’inverno è stato poco piovoso e in primavera è stato piuttosto freddo, in autunno i maschi adulti risultano tendenzialmente meno pesanti.

Quanto pesa un cinghiale? I subadulti sono diversi

I maschi vengono generalmente classificati come subadulti tra i 12 e i 23 mesi. Gli studiosi hanno però potuto dimostrare che l’accrescimento corporeo continua più a lungo e il comportamento riproduttivo ha un cambio di passo intorno ai tre anni; pertanto lo stadio da subadulto può essere esteso e comprendere tutti gli esemplari di uno e due anni.

Sono animali già maturi sessualmente, ma che in presenza di adulti hanno meno possibilità di accedere alla riproduzione; sono ancora fortemente impegnati nell’accrescimento corporeo, e ciò impedisce loro di mettere da parte riserve di grasso da usare come scorta in un’eventuale contesa con i maschi adulti.

Tra inizi settembre e il 20 ottobre, grazie all’abbondanza dei frutti forestali, crescono dai 55 ai 61 kg, poi il loro peso tende a stabilizzarsi. Probabilmente riescono a realizzare qualche accoppiamento ma devono farlo in modo furtivo, senza essere visti dagli adulti; e possono farlo traendo energie dall’alimentazione corrente. Sono quindi riproduttori dai guadagni quotidiani.

Quanto pesa un cinghiale? La situazione di femmine e piccoli

Le femmine entrano nella vita adulta intorno ai due anni, quando raggiungono il 90% del peso finale (intorno ai 61 kg). Per loro l’autunno non è un periodo di consumi, ma deve assolutamente servire per fare scorte durevoli. Da una parte devono approfittare dell’abbondanza di frutti forestali per riprendersi dalle fatiche dell’allattamento della nidiata nata nella primavera precedente; dall’altra devono accumulare riserve per prepararsi già per la nuova gestazione, il parto e l’allattamento della futura nidiata, e per far fronte ai possibili rigori invernali.

All’Alpe di Catenaia partono da una media di 55 kg nei primi giorni di settembre e arrivano a 68 kg a fine gennaio, quindi con un aumento ponderale del 24%. Le variazioni annuali del peso autunnale si sono rivelate associate all’abbondanza di castagne dell’autunno precedente. Anche le femmine subadulte (di un anno) approfittano della particolare abbondanza di cibo per crescere dai 47 kg di ottobre ai 54 kg di dicembre.

I piccoli di cinque-nove mesi crescono da medie di 16-17 kg a settembre a circa 24 kg a inizi dicembre; perdono poi peso da fine dicembre (con l’inverno tutto si fa più difficile). In realtà il loro peso è molto variabile da anno ad anno ed è sempre fortemente legato alla produttività autunnale del bosco.

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