Preapertura della caccia: la situazione della tortora

preapertura della caccia: tortora in volo verso ramo di un albero
© Andre Labetaa / shutterstock

Si avvicina la preapertura della caccia (meglio: l’apertura per specie) ai cosiddetti estatini, vocabolario gergale che indica l’avifauna tradizionalmente legata al primo periodo della stagione. Oggi sostanzialmente riguarda la quaglia, cui è deputato il cacciatore col cane da ferma, e la tortora, icona del capannista.

Delle tante specie cui un tempo era dedicata la preapertura della caccia oggi ne sopravvivono due: l’una cui è deputato il cacciatore col cane da ferma, ossia la quaglia, vera e propria scuola di cinofilia per cane e cacciatore; l’altra, riservata al cacciatore d’attesa, la tortora, icona del capannista. E con i cosiddetti estatini si finisce qui. Perché è vero che ci sarebbero anche il merlo e il colombaccio: ma il primo, che nidifica in abbondanza, non è classicamente un estatino; il colombaccio è diventato, suo malgrado e non senza polemiche, una star delle prime giornate di caccia settembrine.

Tanto più non sono definibili estatini i corvidi. Vivono infatti accanto a noi per dodici mesi l’anno e nemmeno si sognano di spostarsi per svernare altrove rispetto al sito in cui sono usciti dall’uovo. E dunque la specie cui è più legato il cacciatore di inizio settembre è la tortora, elegante migratore dell’ordine dei columbiformi (famiglia columbidi) che durante l’epoca della migrazione prenuziale e della nidificazione vive nell’intera Penisola.

Tortora e meteo

Tra i mesi di aprile e maggio la fenologia migratoria e riproduttiva porta la tortora dai siti di svernamento in Africa all’Europa meridionale e centrale. Qua si ferma per la riproduzione e da qua riparte dirigendosi a sud – Africa settentrionale e transahariana – solitamente tra fine agosto e fine settembre; la grande maggioranza dei contingenti che si sono riprodotti in Europa è comunque già partita entro la prima decade di settembre.

La tortora è molto sensibile all’andamento meteorologico di fine estate, allorché i primi forti temporali rompono la calura estiva preannunciando il rimescolamento delle masse d’aria. Così incitano molti soggetti a cominciare il lungo viaggio verso le più accoglienti aree sub mediterranee. E ciò può avvenire quasi da un giorno all’altro. Ci rimette il cacciatore che, una volta arrivato in loco per la preapertura della caccia, si accorge troppo tardi che tutte le tortore osservate durante i precedenti sopralluoghi si sono dileguate.

Luoghi e orari definiti

La tortora predilige le campagne alberate, sia in pianura sia in collina, ove si susseguano filari, siepi e boschetti intercalati da siti di alimentazione, specialmente colture cerealicole e di oleaginose come il girasole. In particolare la tortora antepone quest’ultimo a qualunque altra fonte di nutrimento. È infatti comune osservare branchi di tortore che svolazzano da un girasole all’altro e che si posano sui grandi fiori per asportarne i semi maturi. In questa fase alimentare, le tortore si mischiano spesso con i colombacci, le tortore dal collare orientale e i piccioni di città, testimoniando in tal modo la somiglianza di abitudini fra queste diverse specie.

Analoghe osservazioni valgono per i luoghi in cui vi sono stoppie di frumento e di orzo. Qua gli uccelli si recano in pastura per nutrirsi dei semi rimasti sul terreno dopo l’effettuazione dei raccolti. In questo frangente però le tortore non calano direttamente a terra; prima si posano sugli alberi circostanti, per poi scenderne una volta verificata la mancanza di insidie.

La tortora dedica alla ricerca del cibo il tempo che intercorre tra le prime ore del mattino e la tarda mattinata. La maggior parte dei cacciatori erige i capanni alle pasture, aprendo le danze subito dopo il levar del sole. Un tempo la specie si cacciava proficuamente anche nelle prime ore del pomeriggio: si attendevano gli uccelli nel fitto della vegetazione arborea, presso fonti di acqua per l’abbeverata come rogge, fossi, specchi anche di piccole dimensioni. Oggi però questa modalità è sostanzialmente impraticabile: si è quasi generalizzata l’imposizione di mezze giornate di caccia. Pertanto nel pomeriggio tutti a casa.

Agricoltura e cambiamenti

Fino a pochi decenni fa, la tortora era molto diffusa e pressoché ubiquitaria sui nostri territori da nord a sud e ovunque conosciuta. Le trasformazioni nelle pratiche agronomiche, la rotazione spinta delle colture, l’avanzata inarrestabile del mais e del riso soprattutto nella zone di pianura a discapito degli altri cereali tradizionali, l’espianto della vegetazione arborea dai filari e delle siepi, l’abbandono di migliaia di ettari di terreni collinari precedentemente coltivati a cereali autunno-vernini, la bruciatura o precocissima aratura delle stoppie sono stati tutti fattori negativi per la conservazione della specie che ha infatti subito forti cali.

Questi si sono manifestati soprattutto nelle popolazioni che interessano l’Europa occidentale (Penisola iberica, Francia, Gran Bretagna). I contingenti che affluiscono per la riproduzione verso l’Europa centro-orientale, flusso che interessa anche l’Italia, sembrano trovarsi in situazione migliore, anche se non rassicurante. Dobbiamo infatti prendere atto che la tortora risulta meno comune in tutte le zone del nostro Paese ove le trasformazioni fondiarie siano state più accentuate. Da qualche anno siamo pertanto entrati nell’epoca di un piano di gestione nazionale.

La situazione di oggi

La caccia alla tortora è oggi praticabile con qualche soddisfazione nei primi giorni che le Regioni concedono alla preapertura (termine che non ci è mai piaciuto granché: la si dovrebbe definire apertura per specie). La miglior base di successo per questa forma di caccia è la localizzazione di un sito di alimentazione con sufficiente presenza di uccelli. Bisogna studiarne prima le traiettorie di arrivo e di transito, per poi costruire un appostamento temporaneo nella posizione che stimiamo più idonea per avere a tiro sia le tortore che giungono alle pasture, sia quelle che se ne allontanano.

Tanti utilizzano inoltre stampi e mojo ad ali rotanti per cercare di aumentare l’attrattività del sito, visto che per la tortora non si impiegano né richiami vivi, né a bocca. Per tutti quei territori che non beneficino dell’apertura al 1° settembre, la tortora è invece diventata solo virtualmente cacciabile. La mancata preapertura della caccia rende impossibile il prelievo della specie, se non in circostanze del tutto fortuite.

Palombe di settembre

La difficile conciliazione del principio della conservazione della fauna selvatica con il desiderio di tutelare la cultura venatoria si manifesta proprio in questo frangente. Da una decina d’anni a questa parte diverse amministrazioni hanno optato per la concessione della caccia estatina a un’ulteriore specie, il colombaccio, in continua espansione come nidificante e che, quindi, sta progressivamente ampliando sia il proprio dominio raggiungendo nuovi territori, sia l’importanza delle proprie popolazioni sedentarie. Non si tratta però di un volatile definibile estatino nel senso tradizionale del termine. La palomba infatti si rinviene sui nostri territori in ogni periodo dell’anno con contingenti nidificanti, di passo autunnale e svernanti. Niente a che spartire perciò con i costumi e le abitudini della più leggera e leggiadra cugina.

Ed è inoltre curioso rimarcare come di un altro columbiforme, sedentario e diffusissimo pure sui nostri territori dove è giunto circa 70 anni fa provenendo da oriente, ossia la tortora dal collare orientale, non sia stato finora discusso o proposto l’inserimento nell’allegato alla Direttiva comunitaria delle specie cacciabili in Italia e quindi nell’articolo 18 della legge statale. Eppure in determinate realtà produttive la tortora dal collare è ritenuta dannosa e invasiva quanto il colombo di città. È indubbio che si tratta di altro argomento. È però esemplificativo per comprendere come le modifiche legislative su attività venatoria e conservazione faunistica patiscano enormemente le contrapposizioni di interessi e pressioni che sempre si agitano attorno alla caccia, impedendo o rallentando ogni evoluzione. Intanto speriamo che non cali la mannaia sulla caccia anche all’ultima, autentica specie di avifauna estatina per il cacciatore capannista temporaneo.

L’articolo completo sarà pubblicato su Caccia Magazine agosto 2020, in edicola dal 20 luglio. Nel frattempo non perdere le ultime news sul mondo venatorio e i test di ottichearmi e munizioni.