
Nella legge di bilancio 2026 entra l’emendamento che consente alle aziende faunistico-venatorie di organizzarsi in forma d’impresa.
Fino al voto finale la cautela è obbligatoria, eppure resta molto probabile che nella legge di bilancio 2026 entri l’emendamento che, eliminando indirettamente il divieto di lucro, consentirà alle aziende faunistico-venatorie di organizzarsi in forma d’impresa individuale o collettiva. Nel testo uscito dalla quinta commissione del Senato, infatti, ha trovato spazio la proposta con cui Fratelli d’Italia e la Lega intendono modificare l’articolo 16 della 157/92.
Alle afv che s’organizzeranno in forma d’impresa (i gestori potranno chiedere la conversione di quelle già esistenti) la legge imporrà di attuare «programmi di conservazione e di ripristino [degli habitat]» e di migliorare «l’ambiente naturale e la sua biodiversità»; la caccia sarà consentita nelle forme e nei tempi indicati dai calendari venatori regionali.
«Con questa modifica» commenta Niccolò Sacchetti, presidente d’Agrivenatoria biodiversitalia, «si passa da un modello di mera sussistenza a uno d’impresa responsabile: si danno certezze fiscali ai concessionari, si risolve il problema dei contenziosi tributari e, soprattutto, si mette in sicurezza la gestione di oltre un milione di ettari di territorio agro-silvo-pastorale italiano», sul quale operano più di mille aziende faunistico-venatorie.
In Senato sono in corso le dichiarazioni di voto sul maxiemendamento col quale il governo, accogliendo le proposte della quinta commissione, ha riscritto la legge di bilancio, sulla quale ieri il ministro Ciriani ha posto la fiducia.
I tempi sono stretti, per evitare l’esercizio provvisorio l’iter deve concludersi entro la fine dell’anno solare: alla Camera ci s’attende un testo blindato, immune da modifiche che renderebbero necessaria una terza lettura parlamentare.
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