
Il riconoscimento delle aziende faunistico-venatorie come Oecm è l’obiettivo del nuovo progetto che impegna ulteriormente Fondazione Una nella valorizzazione della caccia come attività che contribuisce alla salvaguardia di fauna e territorio.
Tra parole e fatti spesso c’è distanza. Ma non per Fondazione Una (Uomo, Natura, Ambiente) che quel divario lo ha colmato con progetti concreti, costruendo un ponte saldo tra caccia e tutela della biodiversità. Un ponte fatto di azioni, risultati e passione per il territorio.
Dalle parole, infatti, si è passati ai fatti con tre progetti che raccontano meglio di qualsiasi discorso la visione della fondazione: Paladini del Territorio, Selvatici e Buoni e il percorso di riconoscimento delle aziende faunistico-venatorie (Afv) come Oecm (Other effective area-based conservation measures), che definisce il contributo attivo del mondo venatorio nel raggiungimento degli obiettivi della Strategia europea sulla biodiversità, che mira alla protezione di almeno il 30% delle superfici terrestri e marine degli Stati membri al 2030.
Cacciatori custodi del territorio

La caccia come equilibrio ambientale e non semplicemente come prelievo di una risorsa sostenibile: è questa la filosofia che anima Fondazione Una. E proprio i cacciatori formati e responsabili sono, di conseguenza, i veri Paladini del Territorio, protagonisti di un ampio ventaglio di attività che proteggono e valorizzano la natura che li circonda. Tutto questo lo abbiamo toccato con mano nel corso di una due giorni dedicata alla stampa cui Caccia Magazine ha preso parte visitando, con Fondazione Una, l’osservatorio Corno Bertolot in Bassa Valle Camonica (Pisogne), nel cuore del comprensorio alpino Brescia 4. Da quel balcone mozzafiato, costruito grazie all’impegno dei cacciatori e fruibile da tutti, la natura si è mostrata in tutta la sua potenza.

E davanti a quello scenario emozionante Gianluca Cominini, responsabile del Nucleo ittico venatorio della Polizia provinciale di Brescia, e Andrea Frassi, giovane e dinamico presidente del comprensorio, hanno illustrato il percorso che ha consentito di ricostituire su quelle montagne un importante capitale faunistico naturale, grazie in primis ai progetti di reintroduzione, partiti negli oramai lontani anni Novanta, di alcune specie di ungulati.
Oggi cervi e camosci sono tornati a popolare queste montagne e rappresentano una grande risorsa per la comunità venatoria locale e per tutti coloro che fruiscono a vario titolo di quel territorio.
Dal bosco alla tavola: il gusto della sostenibilità

Il nostro viaggio con Fondazione Una è poi continuato a tavola: presso l’agriturismo Le Frise, situato sopra ad Artogne, il progetto Selvatici e Buoni si è rivelato nella sua completezza. Il percorso gastronomico di eccellenza, curato dallo chef Luigi Martini, è stato un esempio dell’ulteriore valore ambientale, sociale ed economico che la filiera delle carni di selvaggina conferisce all’attività venatoria.
«Con Selvatici e Buoni» ha spiegato Pietro Pietrafesa, segretario generale di Fondazione Una «vogliamo dare piena dignità alla filiera delle carni selvatiche. Il marchio Gusto Selvatico è il nostro trait d’union tra chi cura il territorio e chi desidera un alimento sano, sostenibile e naturale».
«Una filiera che in Lombardia, regione pilota del progetto, è ormai realtà consolidata e presente anche nella grande distribuzione, grazie ai punti vendita Metro» ha sottolineato Alessandro Benatti, responsabile di Gusto Selvatico Aps.
Le Afv come modelli di conservazione

Il viaggio di Fondazione Una non si ferma: guarda avanti con un nuovo e rilevante progetto, già presentato all’Iucn World Conservation Congress di Abu Dhabi. L’obiettivo? Il riconoscimento delle aziende faunistico-venatorie italiane come Oecm, aree dove la gestione venatoria della fauna diventa strumento concreto di tutela della biodiversità. Modello di corretta gestione di fauna e territorio, l’Afv Valbelviso-Barbellino, prima candidata selezionata da Fondazione Una al titolo di Oecm, ne è brillante esempio. Gioiello incastonato tra la preziosa cornice delle Alpi Orobie, è stata fondata nel 1893 e occupa un territorio straordinario di oltre 12.000 ettari, che lambisce le province di Sondrio, Brescia e Bergamo. Qui la fauna alpina prospera grazie a una gestione rigorosa e scientifica in equilibrio con l’ambiente, in cui la mano dell’uomo ha mantenuto vive malghe, sentieri, boschi e alpeggi.
«Monitoraggi costanti, dati storici dagli anni Sessanta e regole ferree sul prelievo – ha spiegato ai giornalisti in visita il direttore Eugenio Carlini – garantiscono una perfetta armonia tra uomo e natura. Inoltre, siamo anche ente gestore di un sito Natura 2000, un unicum nel panorama nazionale delle Afv».
Un modello da esportare

«Le riserve faunistiche italiane sono un tassello fondamentale per la conservazione della biodiversità» ha sottolineato Corrado Teofili, di Federparchi e membro del Comitato scientifico Fondazione Una. «Creano connessioni ecologiche e mantengono vivi gli ecosistemi locali. E i risultati presentati da Fondazione Una al congresso Iucn mostrano chiaramente il potenziale di queste aree come modello replicabile anche in altri Paesi».
E le prospettive future? Le scoprirete nel numero di gennaio 2026 della rivista Caccia Magazine, dove entreremo nel vivo dei dettagli nuovo progetto di Fondazione Una, che unisce mondo venatorio, agricolo, accademico e istituzionale.
«Dentro le Afv» ha precisato Marina Berlinghieri, responsabile relazioni istituzionali di Fondazione Una «si lavora con criteri scientifici e con rispetto per la fauna e l’ambiente. Pertanto il riconoscimento di questi istituti come Oecm è un’occasione d’oro per il settore venatorio italiano; non solo in termini di immagine, ma anche per la possibilità di contribuire concretamente agli obiettivi della Strategia europea e nazionale sulla biodiversità».
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