Cpa contro il Tg1 per l’accostamento tra cacciatori e turismo di guerra a Sarajevo

Cpa contro il Tg1 per l’accostamento tra cacciatori e turismo di guerra a Sarajevo
© Framarzo / shutterstock

La Cpa – Caccia, pesca e ambiente insorge contro il servizio con cui il Tg1 ha fatto balenare un accostamento tra caccia, cacciatori e turismo omicida di guerra nella Sarajevo assediata dei primi anni Novanta.

C’è un’espressione infelice, «caccia di esseri umani», nel servizio con cui il Tg1 di lunedì scorso (edizione delle 20) ha dato notizia dell’inchiesta della procura di Milano, che sta indagando su una sorta di turismo omicida di guerra nella Sarajevo assediata (1992-1996); ed Ezio Gavazzeni, lo scrittore che ha presentato l’esposto, definisce «cacciatori» coloro cui si contesta d’aver pagato i militari serbi per poter sparare sui civili, e poi «persone che amano le armi, persone che vanno a caccia».

L’accostamento ha fatto indignare la Cpa – Caccia, pesca e ambiente, che ha inviato una lettera di protesta a Gian Marco Chiocci, direttore del Tg 1, Carlo Bartoli e Giacomo Lasorella, presidenti rispettivamente dell’Ordine nazionale dei giornalisti e dell’Autorità garante delle comunicazioni, segnalando «un effetto mediatico gravemente diffamatorio nei confronti di tutti i cacciatori italiani».

La lettera della Cpa

La pratica di cui si parla nel servizio, scrive la Cpa, è «un atto omicida e criminale»: non c’entra niente con la caccia, che non si può accettare di vedere accostata a «un’azione vomitevole e abietta come quella di pagare per sparare a esseri umani in zone di guerra»; in questo modo si «veicola un messaggio falso, fuorviante e altamente lesivo dell’onore e dell’immagine di un’intera categoria di cittadini onesti».

Riservandosi la possibilità di agire in giudizio, la Cpa chiede a Chiocci «la trasmissione di una rettifica pubblica e inequivocabile, nello stesso spazio informativo e con la stessa enfasi del servizio contestato, nella quale si disconosce ogni associazione tra [il cosiddetto turismo di guerra] e la caccia legale e regolamentata»; a Bartoli l’apertura di un’indagine deontologica, per accertare le eventuali violazioni dei giornalisti a vario titolo responsabili del servizio; infine, a Lasorella «l’avvio di un procedimento che verifichi l’obiettività e il pluralismo informativo» di un telegiornale trasmesso dal servizio pubblico, e l’eventuale sanzione «di accostamenti diffamatori e non verificati».

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