Come dev’essere il coltello da caccia? I sei parametri per scegliere

scelta del coltello da caccia

A caccia lo skinner non rappresenta la soluzione migliore: ecco come dev’essere la lama riposta nello zaino del cacciatore

di Stefano Biasion

Le mie più grandi passioni – la caccia e la coltelleria artigianale – mi hanno visto in più occasioni coinvolto, a vesti congiunte, in discussioni sul tema “il miglior coltello da caccia”. Approfitterò quindi di questo spazio non per mettere in fila una serie di imperativi ma per lasciare degli spunti a coloro che si trovassero a dover scegliere un coltello da portare a caccia, cercando di sposare l’esperienza di cacciatore e quella di knifemaker.

1) Quale tipo di caccia?

Per la domanda “Qual è il miglior coltello da caccia?”, la risposta giusta sarebbe: “Quale tipo di caccia?”. Lo strumento, infatti, deve essere contestualizzato: nella visione comune, il coltello da caccia è il fisso che porta con sé il cacciatore di ungulati, incarnato nello “skinner” o coltello da scuoio, una lama tozza col tagliente molto curvo e poco appuntito, meglio se dotato di gut hook, cioè il “gancio per viscere”, l’asola affilata di profilo ovale ricavata solitamente sul dorso del coltello che ha la funzione d’incidere la pelle sul ventre degli animali per procedere alla loro macellazione sul campo, evitando di perforare le viscere con la punta o la lama del coltello.

La caccia pratica, però, oltre che al buon senso, è soggetta anche alle varie normative locali e, di fatto, nessuno scuoia il selvatico dove lo ha abbattuto: chi caccia sa di dover praticare quanto prima l’eviscerazione per motivi sanitari e per agevolare il raffreddamento delle spoglie (una regola per chi caccia ungulati, ma una buona abitudine anche con la selvaggina minore), ma poi c’è da riporre e trasportare il capo con un minimo di etica e completarne la lavorazione in un luogo più salubre.

2) Fisso o chiudibile?

Dovremmo quindi dotarci di un coltello a misura della selvaggina che cacciamo, cosi se per chi caccia lepri, per esempio, sarebbe sufficiente un coltello da tasca con una lama di 8 -10 cm e 2-3 mm di spessore, meglio se dotato di blocco lama (liner lock, a pompa, assiale eccetera) per la caccia agli ungulati ci si dovrebbe dotare di almeno un coltello fisso con lama di 15-18 cm e almeno 4 mm di spessore; un coltello più grande diventerebbe scomodo sia nel porto sia nell’utilizzo.

3) Profilo e bisellatura della lama

In tutti i casi la forma della lama preferibilmente dritta per almeno ¾ del tagliente e con una curvatura sull’ultimo quarto fino a formare una punta a cuspide, altezza al dorso 15-18 mm per un tascabile e non meno di 30 mm per un fisso.

Escludendo la bisellatura concava, che poco si adatta a certe lavorazioni (per esempio la divisione del costato, soprattutto su animali robusti), possiamo considerare un ampio ventaglio di geometrie per quanto riguarda la bisellatura: piana o convessa, a tutta altezza o parziale vorrei dire che per l’uso venatorio non riconosco discriminanti che mi facciano propendere per un tipo preciso di esecuzione.

Ritornando sul gut hook invece, lo ritengo un dettaglio fondamentale per chi è alle prime esperienze ma, negli anni, ho avuto modo d’imparare metodi diversi per incidere la zona ventrale in sicurezza anche senza il gut hook.

4) Quale acciaio?

Se non si è abituati agli acciai carboniosi è sempre meglio optare per gli inox, lucidi o con una satinatura fine, che richiedono meno attenzioni dopo l’uso; eviterei invece le finiture troppo grezze, le martellature o lame scalfite: mode accattivanti ma che si traducono in ritenzione dello sporco e difficile pulizia. Vi faccio un esempio esasperato ma che rende bene quest’idea: ce le abbiamo presente tutti certe grattugie per il formaggio no?

5) Forma e materiali del manico

La pulizia e la manutenzione sono in prima linea ancora nella scelta della manicatura, oltre ovviamente a ergonomia e grip: personalmente eviterei manici con finiture troppo lucide e scivolose per ovvi motivi di sicurezza ma anche le manicature composte da materiali di diversa consistenza o con troppe zone cave.

Meglio puntare su manici dotati di guardia o con finger groove accentuati per non consentire alla mano di scivolare in avanti o indietro e tali da garantire una presa sicura anche quando le condizioni ideali vengono meno (per esempio, mani bagnate) ma pur sempre easy to clean.

Dal punto di vista della pulizia e della durata nel tempo i materiali sintetici hanno sicuramente una marcia in più, ma oggi sono disponibili sul mercato anche legni stabilizzati che hanno, oltre che una stabilità strutturale migliorata, anche un basso indice di assorbimento.

6) Il fodero 

Il materiale del fodero passa in secondo piano solamente se siamo degli utilizzatori attenti. Personalmente porto sempre una borraccia o una bottiglia d’acqua e prima di riporre il coltello nel fodero lo lavo e asciugo velocemente ma se non si hanno queste piccole attenzioni si può optare per un fodero in kydex.

Se il coltello non ne è provvisto di serie ci sono bravissimi artigiani in grado di fare un fodero su misura anche in un secondo momento: può essere lavato anche con detergenti (meglio se a freddo) e generalmente all’interno è molto liscio con un effetto antiaderente.

Negli anni in cui abbiamo ragione tutti, diventa difficile anche far prevalere la logica: in queste mie note ci sono sicuramente cose che sembrano ovvietà ad alcuni, ma ho volutamente trascurato particolari tecnici per, spero, trovarci tutti d’accordo sul fatto che lo skinner non è assolutamente il coltello da portarsi a caccia.

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