Caccia Magazine n. 8 agosto 2020

Editoriale

Una voce

Nel turbine di eventi che hanno contrassegnato il post Covid, devo segnalare quanto accaduto agli Stati generali dell’economia. Un evento fortemente voluto dal presidente del Consiglio per ripensare il futuro della nazione sulla base delle dolorose esperienze dell’emergenza sanitaria. Un momento di confronto tra governo, associazioni di categoria, parti sociali e “menti brillanti” ideato per ipotizzare “azioni concrete e interventi urgenti per migliorare il Paese”.

Fin qui ci sarebbe poco da dire se non ripetere la critica sollevata da molte parti che l’evento, da auspicabile momento d’incontro tra istanze diverse, non ha saputo apparentemente trasformarsi in un vero pensatoio, in un momento in grado di condensare anche le voci dissonanti dal pensiero comune, selezionando solo quelle che portano consenso e condannando quelle fuori dal coro alla marginalità.

Lo premetto: su Caccia Magazine non si fa politica. O meglio, si parla di politica venatoria e si valutano gli interventi di tutte le amministrazioni – siano il governo nazionale o quelli locali – a prescindere dal colore di chi prende le decisioni. Certo, chiunque di noi ha delle idee che si traducono in scelte in cabina elettorale, ma su questa rivista non si fa quel tipo di politica. E su queste pagine il governo (e l’opposizione) lo giudichiamo da cosa fa per la tutela dell’ambiente e della biodiversità, la gestione faunistica, la caccia e le tematiche legali che riguardano acquisto, detenzione, utilizzo delle armi destinate alla nostra comune passione.

Quanto accaduto nel corso degli Stati generali rappresenta però una precisa scelta di campo da parte del presidente Conte e del suo governo, la manifestazione della precisa volontà politica di estromettere la caccia e tutto ciò che le ruota intorno, dal confronto finalizzato all’elaborazione di idee e proposte per immaginare un futuro diverso da quello a cui sembriamo condannati. A Villa Pamphilj, sede dell’evento, sono infatti state invitate delle associazioni che danno la cifra di quale sia il futuro che si immagina chi ha organizzato il confronto. Il dibattito si è svolto tra Lav – Lega antivivisezione, Wwf, Legambiente, Greenpeace, Fai – Fondo ambiente italiano e Fridays for future estromettendo la voce dell’associazionismo venatorio. Tutti noi, in definitiva, e tutti coloro che sono convinti che la caccia possa dare un contributo nell’elaborazione di un mondo migliore.

A questa assordante assenza, di per sé grave, si è affiancata l’opportunità di esprimere su un palcoscenico nazionale proposte surreali. La Lav ha infatti approfittato dell’occasione per illustrare il proprio manifesto Non torniamo come prima avanzando proposte animaliste e antispeciste, articolate in sei punti e formalizzate in 15 emendamenti presentati per arricchire il cosiddetto Decreto rilancio da parlamentari di estrazione trasversale. La proposta della Lav spinge nella direzione di una dieta addirittura vegana, perché “carne, latte e uova fanno tagliare foreste, inquinano, causano sofferenza” e non mancano i riferimenti allo sfruttamento degli animali selvatici (“basta caccia, catture e riproduzione di animali per farne cibo, spettacolo, pelli e pellicce”).

C’è inoltre una forte condanna verso la ricerca scientifica che non sia “human based” e un invito a spostare “i finanziamenti pubblici dagli allevamenti, fonti di inquinamento e cambiamenti climatici, alla produzione di alimenti vegetali”, liquidando in un colpo solo gran parte delle eccellenze che danno all’Italia un prestigio internazionale anche nel campo della gastronomia. E spingendo nella direzione di una “nuova normalità”, che di normale non ha nulla. Nel documento della Lav si parla ripetutamente di “reale sostenibilità e responsabilità sociale” dimostrando, se mai ce ne fosse bisogno, l’assoluta astrazione del pensiero che lo ispira e il suo totale scollamento dalla realtà. Non ci aspettavamo nulla di diverso, a onor del vero.

Quel che è grave, e questo è il secondo punto, è la scelta degli organizzatori di escludere il mondo venatorio dal confronto. L’associazionismo venatorio si è fatto immediatamente sentire sia tramite un comunicato della Cabina di regia, che raggruppa tutte le associazioni, sia tramite la voce delle singole sigle, che hanno criticato la scelta e invocato un confronto con il premier.

Le posizioni della Lav spiccano per intransigenza, certo, e non rappresentano la maggioranza degli italiani, tra i quali prevale il buonsenso e l’amore per la libertà, anche quella alimentare. Il suo estremismo probabilmente gioca a nostro favore. Resta però il fatto che, da una parte, il governo tramite il presidente del Consiglio ha scelto di dare ufficialità e copertura istituzionale a posizioni estreme, dall’altro che non abbia ritenuto di accogliere tra gli interlocutori istituzionali anche il mondo venatorio così da creare un contraddittorio che avrebbe giovato alla reputazione dell’evento.

Dedico un paio di riflessioni conclusive alla vicenda: non si vince, e mi riferisco a governo e mondo animalista, condannando al silenzio le voci dissonanti. È illiberale, degno di un regime totalitario. E non si vince – in questo caso mi rivolgo alle nostre associazioni rappresentative – fomentando le divisioni. Le sfide a cui siamo costantemente soggetti impongono che si parli, sempre più, con una sola voce.

Matteo Brogi