Caccia di selezione al cinghiale: sentenza del Tar su poteri di Atc e Comprensori alpini

Caccia di selezione al cinghiale sulle Alpi: la sentenza del Tar
© Dario Pautasso / shutterstock

Il Tar ha accolto il ricorso di quattro cacciatori contro il regolamento per la caccia di selezione al cinghiale in vigore nel Comprensorio alpino Prealpi bergamasche.

Come quello d’un Atc il comitato di gestione d’un Comprensorio alpino ha indiscutibilmente dei poteri, ma «non può introdurre disposizioni in contrasto con le norme stabilite dalla legge o dal calendario venatorio, né apportare modifiche ai periodi, agli orari, ai modi e ai luoghi di caccia o all’elenco delle specie cacciabili o ai limiti di carniere giornaliero o stagionale», né può «modificare l’ammontare dei contributi economici a carico dei cacciatori»: è basandosi su questo principio che il Tar della Lombardia (sentenza 83/2024, sezione staccata di Brescia) ha accolto il ricorso di quattro soci, uno dei quali morto nel frattempo, e annullato alcune disposizioni sulla caccia di selezione al cinghiale stabilite dal Comprensorio alpino Prealpi bergamasche, condannato a pagare una somma cospicua (6.000 euro ai ricorrenti, 2.500 al Wwf, 1.500 alla Lombardia, più l’Iva e un rimborso spese forfettario del 15%) come risarcimento delle spese processuali.

Dopo i primi ricorsi il comitato di gestione del Comprensorio alpino aveva già revocato la disposizione che, tranne che il lunedì e il giovedì, tra ottobre e dicembre vietata la caccia di selezione al cinghiale nelle zone in cui si pratica la caccia collettiva; ora cade anche il divieto in concomitanza con i censimenti primaverili: se il calendario venatorio non lo prevede, il Comprensorio alpino deve adeguarsi.

Una serie di modifiche incisive

Allo stesso modo è illegittimo fissare un numero massimo di cacciatori per settore (limita la possibilità di cacciare in tutto il territorio, in contrasto col divieto di modificare i luoghi di caccia), e illegittimo vietare la caccia dalle 8.30 alle 16 se la normativa regionale la consente da un’ora prima dell’alba (orario diverso, dalle 15, di mercoledì, sabato e domenica nella aree in cui si pratica la braccata) alla mezzanotte; resta però in vigore l’obbligo di segnalare su Whatsapp la fine dell’uscita.

Già revocato nella parte in cui quantificava il numero degli abbattimenti consentiti, il «sistema farraginoso» basato sulle graduatorie a punteggio non può andar bene neppure per l’assegnazione dei punti di sparo e di foraggiamento; così infatti il comitato di gestione del Comprensorio alpino impedisce al cacciatore di scegliere autonomamente dove collocarli.

Allo stesso modo il Comprensorio alpino non ha «nessuna prerogativa sanzionatoria»; non può dunque autoattribuirsi un potere che soltanto la legge può conferirgli.

Il Tar ha ribadito anche l’illegittimità d’alcune disposizioni che il Comprensorio alpino aveva già prima sospeso e poi revocato: non può vietare il foraggiamento attivo nell’area buffer che circonda l’area protetta (lo difendeva anche il Wwf, che lo definisce «una vera e propria misura di conservazione finalizzata a eradicare la specie dai siti Rete Natura 2000, per spostarla in aree vocate»); non può rendere obbligatoria la presenza d’un accompagnatore abilitato, aumentare le dimensioni del calibro minimo consentito, costringere i cacciatori a chiedere l’ammissione in un solo settore né stabilire limiti di carniere «che riducono la media degli abbattimenti, in netto contrasto con gli indirizzi statali e regionali».

Non perdere le ultime notizie di caccia e i test di ottichearmi e munizioni sul portale web di Caccia Magazine.