Accesso ai fondi rustici: riflessioni sull’articolo 842 del Codice Civile

Accesso ai fondi rustici riflessioni sull’articolo 842 del Codice Civile

Accesso ai fondi rustici: l’articolo 842 del Codice Civile lo consente al cittadino avente i requisiti e i titoli per l’esercizio della caccia. In forza di questa possibilità, occorre la costante consapevolezza di essere ospiti in casa d’altri.

L’articolo 842 del Codice Civile è sovente avversato e criticato da chi combatte l’attività venatoria, tuttavia, almeno sinora, inalterato. In forza di questa possibilità, il cacciatore accede ai fondi rustici ove la caccia e le attività complementari, come l’allenamento e l’addestramento dei cani, non siano vietate, nei tempi e modi disposti dalla normativa vigente. Quindi, se c’è un soggetto in circolazione che svolge la propria attività in casa d’altri questo è proprio il cacciatore italiano.

In particolare il cacciatore da territorio a caccia programmata, perché quello da istituti privati (Afv e Aatv, per capirci) può anche permettersi, in alcuni casi, di non attardarsi granché in questa riflessione, visto che a determinati doveri ha già assolto il concessionario dell’azienda che gli cede temporaneamente i diritti di caccia.

Certamente, la consapevolezza di dove ci si muove e di come lo si fa è in ogni caso uno stato mentale consigliabile a qualunque detentore e utilizzatore di porto di fucile a uso caccia, indipendentemente dalla classificazione venatoria del territorio nel quale si muova. Anche perché, a fronte di comportamenti consentiti o, al contrario, vietati dalle norme vigenti, ve ne sono almeno altrettanti che non sono contemplati ma che, senza dubbio, rientrano nel codice di buon comportamento che il cacciatore corretto e consapevole dovrebbe sempre tenere a proprio riferimento.

Rispetto prima di tutto

In questa nostra riflessione non intendiamo intrattenerci sull’atteggiamento etico nei confronti della fauna, ma sulla correttezza rispetto ai proprietari dei terreni sui quali la nostra passione venatoria trova sfogo. La norma che permette l’accesso ai fondi altrui al cittadino avente i requisiti e i titoli per l’esercizio della caccia è notoriamente l’articolo 842 del Codice Civile e occorre quindi la costante consapevolezza di essere ospiti in casa d’altri, oltretutto, non di rado, sopportati.

Certo, le disposizioni vincolanti non mancano. E’ a tutti noto, ad esempio, che attività venatoria vagante e cinofila sono vietate sui terreni in attualità di coltivazione e, secondo eventuali norme regionali, anche di recente rimboschimento; che vi sono distanze minime da rispettare per l’esercizio venatorio da immobili e fabbricati, da vie di comunicazione e ferrovie, e da molti altri presidi antropici, dettate da primarie esigenze di sicurezza. E così via.

Regole non codificate per essere buoni cacciatori

Per questo motivo, non attardandoci in raccomandazioni superflue, sorvoleremo su coloro che sguinzagliano i cani nelle colture di riso o di soia, poiché non incorrono in errore per superficialità o leggerezza, bensì infrangono volontariamente le norme. Riteniamo invece che vi siano almeno altrettante regole non codificate, che meritano attenzione da parte del buon cacciatore che ambisca a definirsi tale.

Due episodi, uno molto lontano nel passato, l’altro recente, potrebbero rappresentare il concetto più di tanti ragionamenti astratti. Nel primo, un bimbetto segue il padre a caccia tra i vigneti collinari dell’Oltrepo pavese. I due camminano sul sentiero a margine di una vigna non ancora vendemmiata, ricca di grandi grappoli maturi di uva nera. Il bimbetto ha sete, quindi gli viene naturale allungare la mano per mangiarsi qualche acino polposo. Il babbo si accorge con la coda dell’occhio di quanto stia avvenendo e redarguisce il figlio per il suo gesto, spiegandogli il motivo in modo semplice ma efficace. Tant’è che nel corso di tutti i successivi decenni quel rimprovero non ha mai cessato di produrre effetti e il frutto pendente altrui non ha più solleticato alcun desiderio, per quanto maturo e invitante potesse essere.

Quattro chiacchiere col proprietario dei terreni

Nel secondo episodio, due amici stanno effettuando i rituali sopralluoghi prima dell’apertura generale settembrina, allo scopo di individuare un buon sito per cacciare i colombacci da appostamento temporaneo. Individuano una stoppia di mais luogo di pasture, nella quale gli uccelli sono numerosi e da cui vanno e vengono con continuità. È naturale che, a quel punto, comincino a valutare dove piazzare il capanno rispetto alle direzioni di sparo, alla posizione del sole, alla dislocazione degli alberi d’alto fusto e così via.

La presenza di una grande azienda agricola, seppure a distanza assolutamente a norma, consiglia di andare a fare quattro chiacchiere col proprietario, giusto per capire se vi siano obiezioni da parte sua alla presenza di cacciatori su quel fondo. Dobbiamo infatti considerare che le distanze minime prescritte dalla legge sono finalizzate alla garanzia della sicurezza in relazione alle munizioni. Ma anche che la schioppettata è rumorosa e che, nonostante distanze apparentemente ampie, il colpo di fucile può comunque arrecare fastidio, soprattutto se si caccia in pianura antropizzata e se si esercitano cacce nelle quali si prevede di sparare più volte.

La chiacchierata, infatti, si rivelerà opportuna e illuminante. Dietro al fondo appetibile, nascosto alla vista da un fitto filare alberato, c’è un pascolo ove sono stabulati allo stato semibrado numerosi bovini, fra i quali il solo rumore degli spari avrebbe potuto seminare stress, scatenando reazioni imprevedibili. Significative e sincere le parole di ringraziamento del proprietario dei terreni, che ammette di non aver mai conosciuto cacciatori che, prima di entrare in azione sulle sue proprietà, gli avessero rivolto la parola.

Cacciatori educati e cordiali fanno la differenza

Attenzione e cordialità dovranno sempre avere un ruolo primario, perché ci faranno riscuotere l’apprezzamento dei proprietari o dei conduttori dei terreni, con innegabile vantaggio per la reputazione dell’intera categoria dei seguaci di Diana. Una cordialità che, ad esempio, potrà ben manifestarsi nel semplice saluto e in una breve conversazione quando capita di incrociare il fattore in transito sui macchinari agricoli oppure se si parcheggia l’auto nei pressi della cascina.

A sostegno del nostro punto di vista, fondato sul buonsenso, ricordiamo che, nell’ormai lontano 2002, la Fnc (Fédération nationale des chasseurs) pubblicò nella sua collana degli annuali piccoli libri verdi del cacciatore il titolo La caccia e le altre attività nella natura. L’intento era quello di indirizzare il cacciatore medio francese alla cultura del rispetto e della convivenza con le tante altre persone frequentanti le zone rurali. Una necessità che oggi, a distanza di un ventennio, è ancora più accentuata anche da noi, visto il moltiplicarsi delle attività outdoor e del numero dei loro praticanti, che vanno aggiungendosi a tutti i lavoratori delle campagne.

Mostrarsi affabili e non invadenti sarà comunque e certamente apprezzato e potrebbe anche dare luogo alla nascita di un’amicizia durevole con l’agricoltore, che è colui che presidia il territorio non urbanizzato. Un rapporto che si può costruire anche partendo dal contenimento delle specie problematiche (che coinvolge il cacciatore nella veste di operatore abilitato), che verrà sicuramente visto con favore perché finalizzato a coadiuvare l’imprenditore o il contadino, riducendo gli impatti da fauna selvatica e, conseguentemente, le perdite aziendali.

Attenzione a come ci muoviamo

Evitiamo di invadere con i nostri veicoli i passaggi riservati ai mezzi agricoli, lasciamo liberi i varchi che danno accesso ai terreni. Insomma facciamo in modo di non provocare intralci a chi deve guadagnarsi la giornata. Ancora peggio sarebbe ritenere che il possesso di fuoristrada ci dia il diritto di scorrazzare direttamente in pieno campo, anche dopo i raccolti ossia in presenza di residui colturali sui quali la caccia è consentita.

Anche il solo ingresso di pochi metri su un terreno, ad esempio per trasportare i materiali e le attrezzature ingombranti, a volte pesanti, occorrenti all’allestimento di una tesa, oppure per montare un’altana, benché temporanea e smontabile, esige che ci si rivolga al proprietario del fondo. Almeno per avvertirlo della nostra necessità, anche se per piazzare queste strutture non c’è un generale obbligo di farlo. Ne otterremo sicuramente apprezzamento e consenso.

La maleducazione da “fuoristradismo” affligge anche coloro che si portano in auto fuori dai sentieri tracciati, fino al punto esatto in cui letteralmente sganciano il cane, atteggiamento riprovevole. Una maleducazione che è diffusa ben oltre il mondo venatorio, favorita dal proliferare di automezzi 4WD sempre più potenti ed efficienti, e che, dunque, certi cacciatori condividono con altre categorie di cittadini.

Il rispetto, si sa, non si compra a peso in quantità illimitate, bensì bisogna guadagnarselo e gli appassionati di caccia non fanno eccezione. Siamo anzi persuasi che il cacciatore, per il fatto che già gode di una posizione di privilegio giuridico e che, non dimentichiamolo, è al centro di contestazioni, debba più d’altri mostrare un comportamento irreprensibile. Esattamente come se agisse in casa propria. Ne trarrebbero beneficio sia i singoli, sia il prestigio della categoria nel suo insieme. E scusate se è poco.

Per approfondire: il contestato articolo 842 del Codice Civile

L’articolo 842 Caccia e Pesca del Codice Civile commi 1 e 2, recita: «Il proprietario di un fondo non può impedire che vi si entri per l’esercizio della caccia, a meno che il fondo sia chiuso nei modi stabiliti dalla legge sulla caccia o vi siano colture in atto suscettibili di danno. Egli può sempre opporsi a chi non è munito della licenza rilasciata dall’autorità. Per l’esercizio della pesca occorre il consenso del proprietario del fondo».

Tale formulazione venne approvata con Regio Decreto n° 262 del 16 marzo 1942 e, per la sua abrogazione, si sono già moltiplicati diversi tentativi, soprattutto attraverso lo strumento del referendum popolare (a partire dal 1990), ma anche tramite la presentazione, nelle aule parlamentari, di disegni di legge.

L’obiettivo è sempre stato il ribaltamento del vigente principio secondo il quale, sostanzialmente, il diritto di caccia prevarrebbe sul diritto di proprietà, poiché l’accesso al fondo non può essere precluso al cacciatore, a meno che il fondo medesimo venga sottratto all’attività venatoria con le procedure e modalità stabilite dall’articolo 15 della legge 157/92.  Fatto salvo, sempre e comunque, il divieto di attività venatoria sui terreni in attualità di coltivazione, come precisato dallo stesso articolo 842 del Codice Civile.  A oggi, tutte queste iniziative sono fallite per una serie di cause che sono state analizzate da soggetti ben più competenti di noi in materia legale.

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