Un’ombra discreta abita il cuore del bosco, invisibile fino all’ultimo battito d’ali. È la beccaccia, fata elusiva che da secoli incanta chi sa leggerne le tracce.
La beccaccia non è solo un uccello selvatico: è simbolo, presenza, guida. Considerarla un animale totem significa anche lasciarsi condurre nei sentieri nascosti dell’anima, dove il mistero si intreccia con la natura.
Camminando tra foglie umide e tronchi coperti di muschio, quando il cuore si apre, la beccaccia diventa una voce interiore, un richiamo antico. Nel suo frullo improvviso, nel lampo del suo volo, sembra sussurrare un segreto: non tutto deve essere svelato, non tutto deve essere conquistato.
E ci sono incontri che sfuggono al caso. Lo sa bene chi l’ha seguita almeno una volta tra i silenzi delle foreste. È come un’apparizione. La si percepisce più che vederla, come se fosse fatta di vento e ombra. Ci educa così a custodire ciò che è prezioso, a muoverci nel mondo con discrezione, misura e ascolto profondo. Chi la sente vicina sviluppa una sensibilità nuova: riconosce i segni impercettibili del bosco, intuisce la direzione senza bisogno di mappe. È un totem che guida con l’istinto, più che con la logica.
Poi c’è il viaggio
Migratrice instancabile, percorre migliaia di chilometri, affrontando mari, tempeste e ostacoli, per ritornare fedele ai suoi luoghi. Non si arrende, non si ferma. È simbolo di resilienza, coraggio e trasformazione. Il suo volo ci ricorda che ogni percorso esteriore è anche cammino interiore.
Per il cacciatore, non è quindi soltanto una preda. È una maestra severa ma giusta. Cacciarla significa mettersi alla prova, imparare pazienza, rispetto e umiltà. È una compagna spirituale che spiega che cosa sono l’equilibrio e l’amore per il bosco. Non si concede a chi cerca solo conquista. È lei a decidere quando mostrarsi e quando restare nell’ombra.
In questo patto muto risiede la sua grandezza, è custode di un bosco che parla a chi sa ascoltare. Quando il frullo si perde nell’aria, resta dentro di noi la sensazione di avere sfiorato qualcosa di sacro. La beccaccia non si lascia possedere, si lascia comprendere. Appare improvvisamente, leggera come un soffio, rapida come un pensiero che svanisce. A chi la sceglie come animale totem regala un dono prezioso: la consapevolezza che la vera passione non è conquista, ma armonia con il bosco e i suoi segreti.
L’etica nella caccia alla beccaccia
Se siete d’accordo con quanto scritto sin qui, ricordate allora che l’etica nella caccia alla beccaccia non è certo scritta in un regolamento, ma è comunque un fatto concreto. È un percorso, personale e condiviso, che si costruisce sul campo, con il sapere senza pregiudizi, con l’esperienza, con scelte quotidiane.
Ascoltare il bosco, leggere la natura, riconoscere quali sono i limiti, acquisire nuove conoscenze e informazioni (anche quando non “non ci fanno comodo”), frenare bramosia e desiderio di possesso, confrontarsi con una società che cambia: è così che nasce una nuova etica venatoria, è così che possiamo fare la differenza come cacciatori.
Proprio per questo, continuare a riflettere su che cosa è diventata la caccia, in particolare quella alla beccaccia, su quali sono le nuove responsabilità dei cacciatori, dialogare e mettersi in discussione è oggi più che mai necessario.
Una nuova stagione di caccia è cominciata, il bosco ci accoglie. Abbiamo ancora una volta l’opportunità e il privilegio di vivere appieno questi momenti come uomini, donne e cacciatori migliori.
Questo editoriale è pubblicato sul nuovo numero di Beccacce che Passione, in edicola. Seguiteci anche sulla pagina Facebookdi Beccacce che Passione. L’abbonamento a sei numeri di Beccacce che Passione conviene e potete farlo in pochi click nel nostro shoponline.
















